Natura morta con fiori asparagi e frutta

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AutoreGiuseppe Vicenzino Volò
Periodo(Milano 1662 - notizie fino al 1700)
SupportoTela, 40,3x56,5
InventarioA 279
Autore della schedaMari Pietrogiovanna

L'opera appartiene ad una coppia di tele.
Consultare anche Inv. A 275

I “brani” di natura morta, non privi di significati allegorici, costituiscono un’autentica antologia di fiori, frutta e animali, che, espressa con calligrafica verosimiglianza, punta sulla vertigine dell’illusione dove la tecnica pittorica, ormai all’acme della maestria, crea con il colore, la luce e la prospettiva, immagini di vivace e sensuale tattilità.

Le piccole tele esibiscono due tavole imbandite di frutti, ortaggi e fiori: alcuni serviti su un’elegante alzatina, altri su di un vassoio. Le molteplici velature trasparenti restituiscono una freschezza quasi palpitante ai soggetti rappresentati, che risultano oltremodo invitanti grazie alla variegata e studiata tavolozza dell’artista.

Il Volò, appartenente ad una famiglia di pittori specializzati in nature morte, risente da un lato dell’influenza fiamminga nella resa illusionistica di fiori e frutti, e dall’altro della tradizione del Barocco romano nella composizione per piani ravvicinati, atta a coinvolgere più direttamente  l’osservatore.

Descrizione figurativa

In questa seconda composizione del milanese Volò, tutta l'attenzione è catturata dal vassoio in primo piano colmo di delicati e candidi fiori, forse dei gelsomini. Dietro al vassoio sono ben riconoscibili degli asparagi che emergono dal fondo scuro, mentre dal lato sinistro completano l'insieme alcune rose, dei garofani, un succoso grappolo di uva nera e delle pesche.
La finezza della pennellata a molteplici velature di colore contribuisce a rendere la freschezza e il vivace realismo tipico delle nature morte del Volò.

Descrizione audio

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Cartellini

s.d.1 N.279 Maniera fiamminga/ Fiori e frutta; 1949-1950 N. 279/ Attribuito a maniera/ fiamminga/ Fiori/ 40x57; 1954 N. 8364; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero 279

Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Inventari

1834: 64. Fiammingo. Frutti e fiori, in tela senza cornice mal conservato. Lire 12; [post 1834]: 418. Ignoto. Fiori e frutti, 419; 1854: 419. Incerto. Fiori e frutti; [1873]: Stanza Lomazzo, parete III, 48 (46). Ignoto. Fiori e frutta; [oppure] 62 (60). Ignoto. Fiori e frutta; 1873a: c. 3, 53. Fiammingo [scuola aggiunto]. Fiori e frutta; 1902: c. 108, 488 (504). 41. Frutta e fiori. Tela ad olio. Alto 0.55, largo 0.39. Scuola fiamminga. Guasto. Deperita. Mancante vernice; 1907: c. 50, (504). Scuola fiamminga. Frutta e fiori. Tela, 0.55x0.39; 1908: 504 (279). Scuola fiamminga. Frutta e fiori (tela, 0.55x0.39) Nel 1908 si trova nella seconda stanza a destra. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 si trova al n. 419: incerto, Fiori e frutta. Nel 1834 pervenne alla Pinacoteca per legato Vicentini Dal Giglio un quadro col n. 64 e le indicazioni: fiammingo, Frutti e fiori, tela mal conservata, 0.42x0.58; 1910-1912: 279 (285). Numerazione vecchia: 504 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 488 catalogo 1902; 419 inventario 1854; 64 n. del legato; 279 catalogo 1912; 279 catalogo 1940; 279 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala dei paesaggi. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: 0.55x0.39; inventario 1950 0.40x0.57. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Fiori e frutta. Autore: maniera fiamminga; catalogo 1912 maniera fiamminga; catalogo 1940 maniera fiamminga; inventario 1950 maniera fiamminga del 600; maestro Molinari Pradelli pensa sia Vincenzino Giuseppe (vedi lettera 14.6.1963).

Descrizione tecnica

Inventari e cataloghi del primo novecento collegavano i dipinti alla maniera fiamminga, poi brevemente sono stati avvicinati alla scuola napoletana (Barioli, 1972). Interessante notare una comunicazione scritta di Molinari Pradelli (14.06.1963, vedi documentazione archivistica) che proponeva l’attribuzione a Giuseppe Vincenzino, una proposta che più di recente per motivi stilisti è stata avanzata anche dalla scrivente (1997).

Nelle due tele emerge la combinazione del gusto fiammingo, riconoscibile negli effetti di illusionismo dei fiori e della frutta e dello stile barocco italiano, osservabile nel taglio compositivo ravvicinato e coinvolgente, caratteristico del pittore lombardo. L’artista, come afferma Morandotti1 (1989, p. 246) dimostra debiti stilistici nei confronti del barocco romano, specialmente con Mario Nuzzi, detto Mario dei fiori, Karel Vogelaer e Abraham Brueghel. Il profilo artistico e biografico del pittore si è notevolmente arricchito negli ultimi due decenni, inizialmente con l’acquisizione, talvolta anche troppo generosa, di numerosi pezzi soprattutto appartenenti a collezioni private oppure presenti nel mercato antiquario. Uno degli aspetti più importanti che riguarda l’attività del nostro pittore è collegato alle complesse problematiche biografiche della famiglia artistica dei Volò, chiarite solo ultimamente da Vincenzo Caprara (1995). Lo studioso ha infatti scoperto la documentazione relativa alla data di nascita di Giuseppe, la sua discendenza dall’artista Vincenzo Volò (1606-1671), nonché il legame di parentela con le pittrici Giovanna (1655-1680) e Francesca (1657-1700), e anche quello con Margherita Caffi, prima figlia di Vincenzo e sorellastra del nostro. La risistemazione della genealogia familiare ha imposto anche una revisione del catalogo dell’artista, che risultava troppo dilatato.

Un confronto con le opere delle varie personalità della numerosa famiglia di artisti, specializzati in nature morte, ottimamente inseriti nel volume Naturaliter (1998, pp. 63-132), rende possibile confermare la paternità delle due opere considerate a Giuseppe Vicenzino Volò. L’abilità del pittore nella resa dei fiori e delle foglie turgidi e freschi, ottenuti con molteplici velature trasparenti, la varietà della tavolozza e soprattutto la disposizione degli elementi compositivi, organizzata prevalentemente in orizzontale e avvicinata in modo accattivante allo sguardo dello spettatore, non lascia dubbi. Le affinità delle due tele vicentine con la Natura morta con garofani, gelsomini e tralci di vite (collezione privata) firmata dall’artista e con la serie di dipinti con Fiori, uva e gelsomini della Collezione dei principi Borromeo di Milano (Bocchi, in Naturaliter…, 1998, p. 118) risultano del tutto convincenti.

Bibliografia

Ongaro, 1912, pp. 96, 98 (maniera fiamminga); Arslan, 1934, p. 25 (maniera fiamminga, stessa mano del n. 279) Fasolo, 1940, p. 162 (maniera fiamminga); Barioli, in Il Restauro a Vicenza…, 1972, p. 125, n. 204; p. 150, cat. 22-23 (Giuseppe Vincenzino?); Schiavo2, 1990, p. 349, cat. 6.18a-6.18b (pittore fiammingo o napoletano secolo XVII); Pietrogiovanna, in Carlo Cordellina…, 1997, pp. 271-272, cat. 32-33; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, p. 64.

Esposizioni

Vicenza, 1990, p. 349, cat. 6.18a-6.18b; Vicenza, 1997, pp. 271-272, cat. 32-33.

Quest’opera appartiene al percorso: