Ritratto di Paola Bonanome Gualdo con le figlie Laura e Virginia

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AutoreGiovanni Antonio Fasolo
Periodo(Mandello del Lario, Como, 1530 - Vicenza 1572)
SupportoTela, 184,4x136,4
InventarioA 867
Autore della schedaGiovanna Baldissin Molli

L'opera appartiene ad una coppia di tele.

Consultare anche Inv. A 868

Le tele appartenevano un tempo alla quadreria che i conti Gualdo conservavano nelle loro case di Pusterla a Vicenza. Questa preziosa collezione venne dispersa a seguito della distruzione delle abitazioni di famiglia e i due quadri, da quel momento, seguirono percorsi diversi per poi ricongiungersi in Palazzo Chiericati (1958).

Si tratta di due capolavori dipinti da Fasolo nel biennio 1566-1567. L’artista rivela, in queste opere, le sue eccellenti doti di ritrattista, dialogando alla pari con Veronese.

Lo stimato giurista Giuseppe Gualdo, esponente di una delle più illustri famiglie vicentine, è qui ritratto insieme ai figli maschi Paolo e Paolo Emilio. L’abito scuro, l’espressione severa del suo volto e il movimento della mano che indica la clessidra e il libro con il motto del casato, Boni et aequi, sono indice del prestigio e della moralitàdella sua famiglia, oltre che dell’equità e dellamoderazione che lo contraddistinguevano in quanto uomo di legge. Con gesto tenero e paterno Giuseppe stringe a sé il più giovane dei figli, Paolo Emilio, mentre segue con lo sguardo il maggiore, Paolo. I fanciulli sono abbigliati secondo la moda del tempo, giunta allora dalla Spagna: le calzabrache rosse, le brache corte e gonfie, i corsetti aderenti al petto e la camicia bianca finemente decorata.

Lussuosi ed eleganti, tipicamente rinascimentali, sono gli abiti delle donne di famiglia. Paola Bonanome, moglie di Giuseppe, indossa un pesante vestito di velluto nero impreziosito con ricami color oro antico e gioielli, guarnito sulle spalle da sbuffi di seta. Ugualmente raffinati, anche se più semplici ed infantili sono gli abiti delle bambine. La più piccola, Virginia, stringe nella mano un cardellino, simbolo della Passione di Cristo, che allude alla vita claustrale alla quale era stata già predestinata, mentre per Laura i familiari avevano pensato al matrimonio, infatti proprio a lei si rivolge il cagnolino posto sulla destra del secondo dipinto, segno della fedeltà coniugale.

Descrizione figurativa

La nobile famiglia Gualdo é già stata ritratta dal Fasolo (1530-1572) nella tela denominata "Giuseppe Gualdo con i figli Paolo e Paolo Antonio"; qui invece il pittore si interessa della componente femminile della famiglia stessa: infatti ritrae la moglie di Giuseppe, Paola Bonanome, assieme alle figlie Laura e Virginia.
Le tre donne di famiglia sono ritratte con abiti lussuosi e tipicamente rinascimentali: la madre indossa un lungo abito di velluto nero, impreziosito da ricami aurei e da gioielli, guarnito alle spalle da sbuffi di seta. Ugualmente raffinati sono anche gli abiti delle due bambine: lunghi, di velluto più chiaro e con  le spalle sempre a sbuffo. La più piccola, Virginia, stringe tra le mani un cardellino, simbolo di vita claustrale, cui la bambina probabilmente è già destinata, mentre per la maggiore è previsto il matrimonio, come testimonia lo sguardo che il cagnolino dipinto sulla destra, che rappresenta la fedeltà coniugale, le rivolge.

Descrizione audio

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Cartellini

su carta bianca, a stampa con inchiostro nero INTERLINEA/ FINE ARTS PACKERS/ F 173/ TITOLO DELL’OPERA: PAOLA GUALDO CON FIGLI/ CIVICO-VI

Provenienza

Vicenza, collezione dei conti Gualdo nelle distrutte case Gualdo di Pusterla; dispersa; legato Carlo Carli, San Tomio di Malo (Vi), 1958 (MCVi, Museo, Legati, b. 1, fasc. “Legato dottor Carlo Carli”, lettera del 1957, dic. 12 con cui il conservatore del Museo, Franco Barbieri, scrive al sindaco di Vicenza, Giuseppe Zampieri comunicando che “con suo testamento olografo in data 29.05.56 e codicillo 2 luglio 1957 […] il compianto Carli dottor cavaliere ufficiale Carlo ha disposto, far l’altro, quanto segue: “Al Museo della città di Vicenza due quadri, di mia proprietà, che trovasi presentemente nella mia villa di San Tomio, dipinti da G. Antonio Fasolo, vicentino, rappresentanti ritratti (tre figure per ogni quadro), descritti nella monografia del Fasolo, estesa dall’abate Magrini, della quale un esemplare deve esistere nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza”. Tale disposizione fu così modificata nel codicillo: “Dispongo che di questi due quadri uno solo, a scelta della Commissione direttrice del Museo di Vicenza vada al detto Museo e l’altro rimanga in famiglia”; segue verbale del 1958, gen. 2, con cui Franco Barbieri relaziona sul sopralluogo effettuato: “circa i dipinti di proprietà eredi Carli, in San Tomio, da me esaminati in sito nella giornata di martedì 31 dicembre 1957. I due dipinti sono opera documentata di Giovanni Antonio Fasolo e rappresentano uno, Giuseppe Gualdo con i due figli Paolo ed Emilio, l’altro Paola Bonanome Gualdo con le figlie Laura e Virginia […]. I due dipinti sono in condizioni piuttosto malconce, bisognosi di foderatura e conseguente restauro. Si tratta di opere note attraverso precise testimonianze […] come esistenti fin dalla origine presso le famose raccolte dei conti Gualdo nelle loro case vicentine di Pusterla, raccolte poi disperse senza quasi lasciare traccia. L’aver potuto quindi rintracciare due opere di tanta importanza che si ritenevano scomparse è, tra l’altro, cosa di notevole rilievo nel campo degli studi di storia dell’arte. Poiché il legato Carli prevede che il Museo civico di Vicenza debba scegliere far i due dipinti quello che più ritiene opportuno e conveniente, ritengo sia da scegliere quello rappresentante Paola Gualdo con le due figlie. Questo infatti è il migliore come sostanza pittorica e più vivo nella espressione delle figure. Dato però il valore dei due dipinti, fatti per essere ammirati nel loro assieme, data la provenienza certa delle due tele da una cospicua raccolta cittadina, della quale costituiscono a tutt’oggi l’unico cimelio sicuro superstite dalla dispersione, sarebbe cosa sommamente opportuna che il Museo civico di Vicenza si potesse assicurare la proprietà anche dell’altro dipinto, mettendosi in relazione con l’attuale proprietario per eventuali trattative di acquisto”)

Restauri

1958-1959, Giuseppe Giovanni Pedrocco; 1999, Renza Clochiatti Garla

Inventari

1910-1912: 867, aggiunta 1958. Provenienza: collezione dei conti Gualdo dispersa; legato dottor Carli Carlo 1958. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: cm 184x133 circa. Materia e colore: olio su tela. Conservazione e restauri: 1958 prof. G. Pedrocco, foderatura eseguita in due tempi, con doppia tela e sostituzione del vecchio telaio, pulitura a fondo con asportazione delle vecchie vernici e dei ritocchi alterati, restauro pittorico, verniciatura. Descrizione: Ritratto della contessa Paola Gualdo con le figlie. Autore: Giovanni Antonio Fasolo. Bibliografia: Morsolin Bernardo, Il Museo Gualdo in Vicenza, Venezia, Visentini 1894.

Descrizione tecnica

L'opera appartiene ad una coppia, consultare anche INV. A 868


Le due tele sono tra le più note della Pinacoteca di Palazzo Chiericati e, nel catalogo di Fasolo, le più celebrate quanto a livello qualitativo. Se difatti il pittore come frescante nei cicli delle ville palladiane e in quanto autore di opere di soggetto religioso “paga” in qualche modo una pesante sudditanza veronesiana, che segna incisivamente il distacco dal caposcuola Paolo Caliari, nell’ambito del ritratto, invece, gli si avvicina sorprendentemente, tanto da porre sul tappeto qualche problema di passaggio e scorrimento di opere dal catalogo dell’uno a quello dell’altro: fatto questo impensabile, come si diceva, nei cicli profani e nelle pale. Alla notorietà dei dipinti in epoca moderna (la loro “ricomparsa” data a metà degli anni cinquanta), ha senz’altro contribuito l’illustre provenienza. Essi infatti sono già descritti, in termini elogiativi e con l’attribuzione a Fasolo, dal nipote dei ritrattati, Girolamo Gualdo, alla metà del XVII secolo, quando ancora si trovavano nelle case avite di Pusterla. La possibilià di individuare con certezza Giuseppe Gualdo, illustre giurista di nobile progenie, la valutazione dell’età dell’effigiato di circa 45 anni, e dei suoi figli di circa 13 e 11 (essendo nati rispettivamente nel 1553 e 1555) ha consentito a Barbieri, seguito dalla letteratura successiva, di ipotizzare l’esecuzione dei dipinti verso il 1566-1567. Le due tele, vere celebrazioni dipinte del prestigio dinastico, delle virtù familiari e della solidità economica, mettono in scena una continua e sottile trama allusiva al contesto sociale cui i Gualdo appartenevano (Avagnina, in Da Paolo…, 2000). Così il giurista grave e severo, che addita al motto connesso alla tradizione forense della casata, quasi a trasmetterlo al figlio, è colto nel ruolo di affidabile custode e garante di doti connesse alla professione giuridica, lasciando qualche concessione alla giovinezza, già trattenuta e posata, dei due figli nei colori degli abiti alla moda. Al contrario, vere creature rinascimentali, dove l’aspetto sociale della persona deve condividere quelle leggi di armonia e bellezza che governano il creato, Laura Gualdo e le due figlie si mostrano in tutta la loro ricchezza, calibrata dal buon gusto e dall’eleganza. Anche se nel ritratto femminile la presenza del cardellino e del cagnolino potrebbe alludere al destino futuro delle figlie (chiostro o matrimonio; Avagnina, in Da Paolo…, 2000), il carico allusivo è di portata inferiore rispetto all’esibizione di prestigio sociale. Adeguati all’età infantile sono gli indumenti: la pregiata stoffa operata dell’abito di Laura è sostituita dal gradevole, ma più infantile tessuto vergato della veste delle figlie e solo alla maggiore sono consentite le preziose e costose maniche stratagliate. Analogamente i gioielli d’oro, la pesante catena e il pendaglio della madre, nelle fanciulle sono sostituite da vezzi colorati, di corallo e cristallo di rocca, se non di perle di vetro e probabilmente smaltato di verde è il collare del cane. Nell’essenzialità dei riferimenti ambientali lo sgabello è un pezzo di vera scultura, che mette in scena un piccolo satiro, quasi ripescando uno tra i motivi più cari al bronzetto coevo e di solida entità è il tappeto a motivi orientaleggianti nel ritratto maschile.

Stilisticamente il richiamo più prossimo è costituto da due importanti ritratti di Veronese, di provenienza analogamente vicentina: quello di Iseppo da Porto con il figlio Adriano (Firenze, Pitti) e quello di Livia Thiene da Porto con la figlia Porzia (Baltimora, Walters Art Gallery), dell’inizio del sesto decennio. La letteratura (gli echi parmigianineschi colti da Barbieri si possono facilmente reincludere, a mio avviso, nella temperie veronesiana), ha sempre notato che la resa degli affetti e delle emozioni interiori, l’intima e sottile animazione che pervade le opere di Paolo Caliari, quale vertice altissimo di qualità, non pertiene alle tele di Fasolo, come irrigidite nella gabbia delle convenzionalità, anche se l’analitica descrizione, condotta con un fine uso dei mezzi pittorici, rende questi dipinti il risultato più alto di Fasolo ritrattista, denunciando contemporaneamente una sorta di tangenza con certi esiti della tradizione del realismo lombardo, che generalmente la storiografia ha voluto spiegare mediante l’origine del padre del pittore, da Mandello del Lario e mediante i legami con l’area di provenienza che Fasolo, come assicurano i documenti, mantenne.

Bibliografia

Gualdo, 1650 (ed. 1972), c. 64, p. 55; Magrini, 1851, pp. 45-46 (opere perdute); Morsolin, 1894, p. 64 (opere perdute); B.C.K., 1915, p. 284 (opere perdute); Corna, 1930 (opere perdute); Cevese, 1953, p. 52; Barbieri, 1958, pp. 204-204; Restauri al Museo Civico, 1958, p. 263; Zorzi, 1961, p. 213; Arslan, 1962, p. 49; Barbieri, 1962, II, pp. 73-77; Pallucchini, 1968, pp. 219-220; Puppi, in G. Gual do jr., 1650…, 1972, p. 55, n. 1-2; Pignatti, 1976, pp. 201, 207; Sgarbi, in Palladio e la Maniera…, 1980, p. 76; Ballarin An., 1982, p. 117; Baldissin Molli, 1988, p. 709; Dalla Pozza, 1994, pp. 173-174 (il solo ritratto femminile); Sueur, Giovanni Antonio Fasolo, in Marinelli, 1994, p. 158; Barbieri, 1995, pp. 78-81; Marconi, 1995, p. 260; Binotto, 1998, pp. 783-784; Avagnina, in Da Paolo…, pp. 134-137; Villa, 2002, pp. 76-77.

Esposizioni

Milano, 1987, pp. ??? e cat. ???; Venezia, 2000, pp. 134-137, catt. 41-42.

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