Sacrificio di Isacco

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AutoreGiuseppe Vermiglio
Periodo(Alessandria 1585 circa - 1635 circa)
SupportoTela, 118x149,6
InventarioA 431
Autore della schedaElisa Tordato

L’opera è uno splendido autografo dell’alessandrino Giuseppe Vermiglio, artista formatosi nell’ambiente caravaggesco grazie ad un soggiorno romano cominciato intorno al 1604 e proseguito fino al 1619 circa. Dopo questa data, il ritorno in alta Italia: prima a Milano, Novara e Tortona e poi al servizio della corte sabauda, nella giovane capitale Torino.

Il Sacrificio di Isacco, realizzato attorno al 1625-1630, è la testimonianza dell'evoluzione del linguaggio dell'artista, che vede l'attenuarsi del naturalismo tipico di Caravaggio per aprirsi al classicismo della scuola bolognese.

L'opera è di indubbia qualità, ma rivela ancora in alcuni stilemi l’influenza caravaggesca, come sottolineato dall’intensa espressività dei volti e dei gesti dei personaggi interpretanti il noto episodio biblico (Gen. 22, 1-19): Abramo volge il capo verso l’angelo con moto repentino, la bocca socchiusa e lo sguardo manifestano tutta la sofferenza per la necessaria obbedienza all’ordine divino e, mentre la mano destra stringe il pugnale che compierà il sacrificio, la sinistra è teneramente appoggiata sul capo di Isacco, in atteggiamento affettuoso, protettivo. Il fanciullo osserva con stupore, quasi inconsapevole di quanto sta accadendo, l’arrivo di un angelo dall’espressione severa che irrompe nella scena su di una nube, afferrando con decisione il braccio di Abramo per evitare che egli colpisca il figlio e con la mano sinistra protesa in avanti indica il montone sacrificale, impigliatosi con le corna in un cespuglio poco distante.

Il calibratissimo impianto, giocato su una linea diagonale digradante lungo la quale si dispongono tutti i personaggi, rivela la magistralità compositiva di Vermiglio, sottolineata dalla regia luministica, con la luce proveniente da sinistra ad illuminare le spalle dell’angelo, i volti di Abramo e di Isacco, riverberandosi sulla lama del coltello e definendo chiaroscuralmente volumi di corpi e figure. L’artista, poi, dimostra tutta la sua perizia tecnica nel dipingere, con estrema cura e naturalismo, le pieghe dei panneggi, le ali dell’angelo, le rughe e i peli della barba sul volto di Abramo, le anatomie dei corpi e i particolari del paesaggio sullo sfondo, specialmente l’intrico di vegetazione da cui emerge il muso del montone.

Descrizione figurativa

Quest'opera rappresenta l'evoluzione del pittore che ancora influenzato dal naturalismo caravaggesco evolve verso il classicismo della scuola bolognese. Qui i richiami fortemente espressivi del Caravaggio si possono notare nel viso sofferente di Abramo, obbediente all'ordine divino, il quale, mentre con la mano destra impugna il coltello del sacrificio, con la sinistra accarezza affettuosamente il capo del figlio Isaccco. Questi, d'altra parte guarda con stupore l'arrivo repentino di un angelo che irrompe sulla scena su una nube e blocca il braccio del padre, indicandogli nel contempo un montone rimasto impigliato tra i rovi. L'impianto risulta molto calibrato, sorretto da una attenta regia luministica, anch'essa di chiara matrice caravaggesca.

Descrizione audio

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Cartellini

1949-1950 N.431/ Veneto Guercinesco/ Sacrificio di Abramo/ tela 97x50

Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Restauri

2004 Renza Clochiatti Garla

Inventari

1834: 27. Cavalier Calabrese. Il sacrifizio di Abramo in tela senza cornice. Lire 360; [post 1834]: 469. Cavalier Calabrese. Il sacrifizio di Abramo, 317; 1854: 317. Cavalier Calabrese. Il sacrifizio di Abramo; [1873]: sala, parete delle finestre opposta a quella del principale ingresso, 14 [corretto su 13]. Gennari Ercole nato 1597, morto 1658. Il sacrificio di Abramo; 1873a: c. 1, 14. Ercole Gennari nato 1597, morto 1658. Il sacrificio di Abramo; 1902: c. 4, 17 (13). 13. Sacrificio di Abramo. Tela ad olio. Alto m 1.13, largo 1.48. Ercole Gennari. Non buono. Buona; 1907: c. 2, 13 (13). Ercole Gennari, nacque in Cento nel 1597, morì nel 1658. Sacrificio di Abramo. Tela, 1.13x1.48; 1908: 13 (406, 431). Ercole Gennari. Sacrificio di Abramo? (tela, 1.13x1.48). Nel 1908 si trova in sala. Nel 1873 si trovava in sala al n. 14. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 317 e le indicazioni: cavalier Calabrese, Sacrificio di Abramo. Pervenne alla Pinacoteca nel 1834 per legato Vicentini Dal Giglio col n. 27 e le indicazioni: cavalier Calabrese, Sacrificio di Abramo, tela senza cornice, 1.20x1.50; 1910-1912: 431 (406). Numerazione vecchia: 13 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 17 catalogo 1902; 14 catalogo 1873; 317 inventario di consegna 1854; 27 n. del legato; 431 inventario 1950. Provenienza: legato Vicentini Dal Giglio 1834. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: alto m 1.13, largo m 1.48; inventario 1950 1.50x1.17. Materia e colore: tela dipinta ad olio. Descrizione: Il sacrificio di Abramo. Autore: Ercole Gennari; pervenne con l’attribuzione al cavalier Calabrese; inventario 1950 Ercole Gennari?

Descrizione tecnica

La tela, mai giunta all’attenzione degli studi causa la collocazione - un locale di servizio del convento di San Lorenzo a Vicenza - è entrata a far parte delle raccolte museali nel 1834 con il lascito di Carlo Vicentini Dal Giglio; nell’inventario della collezione, il quadro è ascritto al cavalier Calabrese e tale attribuzione persiste nei cataloghi museali fino al 1873 circa, quando l’autore del dipinto è identificato in Ercole Gennari, ascrizione segnalata come dubbia fin dal 1950.

L’opera è, all’evidenza, uno splendido autografo dell’alessandrino Giuseppe Vermiglio, artista formatosi nell’ambiente caravaggesco grazie ad un soggiorno romano cominciato intorno al 1604 e proseguito fino al 1619 circa. Dopo questa data, il ritorno in alta Italia: prima a Milano, Novara e Tortona e poi al servizio della corte sabauda, nella giovane capitale Torino. Anni di esperienze formative che segneranno un’evoluzione della sua pittura, attenuando il naturalismo tipico di Caravaggio per aprirsi al classicismo della scuola bolognese e agli esempi di artisti locali, tra tutti Cerano, Camillo e Giulio Cesare Procaccini, Morazzone, Daniele Crespi e Nuvolone (Terzaghi, 2000, p. 43). Il Sacrificio di Isacco è una testimonianza di questo mutamento di linguaggio, posizionandosi nella seconda metà degli anni venti del seicento e sottolineando la “caratteristica ‘lombarda’ della collezione Vicentini Dal Giglio, che conta notevoli presenze, come quella di Lomazzo, Cairo e forse altri” (Marinelli, 2001, p. 48). Opera di indubbia qualità, rivela ancora in alcuni stilemi l’influenza caravaggesca, come sottolineato dall’intensa espressività dei volti e dei gesti dei personaggi interpretanti il noto episodio biblico (Gen. 22, 1-19): Abramo volge il capo verso l’angelo con moto repentino, la bocca socchiusa e lo sguardo manifestano tutta la sofferenza per la necessaria obbedienza all’ordine divino e, mentre la mano destra stringe il pugnale che compierà il sacrificio, la sinistra è teneramente appoggiata sul capo di Isacco, in atteggiamento affettuoso, protettivo. Il fanciullo osserva con stupore, quasi inconsapevole di quanto sta accadendo, l’arrivo di un angelo dall’espressione severa che irrompe nella scena su di una nube, afferrando con decisione il braccio di Abramo per evitare che egli colpisca il figlio e con la mano sinistra protesa in avanti indica il montone sacrificale, impigliatosi con le corna in un cespuglio poco distante, posto in alto sulla destra. Il calibratissimo impianto, giocato su una linea diagonale digradante lungo la quale si dispongono tutti i personaggi, rivela la magistralità compositiva di Vermiglio, sottolineata dalla regia luministica, con la luce proveniente da sinistra ad illuminare le spalle dell’angelo, i volti di Abramo e di Isacco, riverberandosi sulla lama del coltello e definendo chiaroscuralmente volumi di corpi e figure. L’artista, poi, dimostra tutta la sua perizia tecnica nel dipingere, con estrema cura e naturalismo, le pieghe dei panneggi, le ali dell’angelo, le rughe e i peli della barba sul volto di Abramo, le anatomie dei corpi e i particolari del paesaggio sullo sfondo, specialmente l’intrico di vegetazione da cui emerge il muso del montone.

Il dipinto è efficace esempio di uno dei soggetti più cari e maggiormente replicati da Vermiglio e, tra le numerose varianti, il Sacrificio di Isacco esposto nella mostra monografica tenutasi a Campione d’Italia nel 2000 è particolarmente prossimo al nostro dal punto di vista stilistico, come si evince dal confronto fra le due versioni di Isacco, quasi identiche, che confermerebbero un accostamento cronologico delle due opere (Frangi, in Giuseppe Vermiglio…, p. xyz, cat. xy).

Bibliografia

inedito.

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