Giuditta ripone la testa di Oloferne nella bisaccia tenuta dall’ancella

Ricerca opere

AutoreGiuseppe Vermiglio
Periodo(Alessandria 1585 circa - 1635 circa)
SupportoTela, 116,5x150,5
InventarioA 204
Autore della schedaLino Moretti

Il soggetto fu assai amato nel periodo barocco, poiché rispondente al gusto del tempo nella rappresentazione di passioni forti, contrastanti, spesso fatali.

La bella e coraggiosa vedova ebrea finge di cedere alle avanches del generale nemico Oloferne, per poi ucciderlo e liberare i Giudei. L’espressione serena dell’eroina deriva dall’aver obbedito al volere divino, ma contrasta con la mano armata e, soprattutto, con l’orrore del capo mozzato che la fanciulla ripone nella bisaccia offertale dalla serva. Lo sguardo dell’anziana donna è inesorabilmente attratto dal corpo riverso di Oloferne e dal moncone del collo ancora grondante di sangue.

Descrizione figurativa

L'influenza di Caravaggio risulta evidente in quest'opera di Giuseppe Vermiglio, che riprende uno dei temi prevalenti del periodo barocco, in cui le passioni violente a volte conducono i protagonisti ad esiti anche fatali. In questo caso l'eroina ebrea Giuditta, fingendo di cedere alle lusinghe del generale babilonese Oloferne, approfitta della sua ubriachezza per decapitarlo con la sua stessa scimitarra, per deporne subito dopo la testa in un sacco tenuto aperto da una serva. Emerge in piena luce la figura di Giuditta, con l'espressione di serenità che le deriva dall'aver obbedito al volere di Dio, mentre più in ombra ed in secondo piano intriga la figura della serva, con lo sguardo inesorabilmente attratto dal collo mozzo di Oloferne ancora grondante di sangue.

Descrizione audio

Ascolta

Cartellini

s.d. N. 204/ Ben. German - Giuditta; 1949-1950 N. 204/ Artemisia Gentileschi?/ Giuditta/ 120x155

Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Restauri

1990, Alda Bertoncello

Inventari

1834: 173. Gennari Benedetto. Giuditta con testa di Oloferne e sua ancilla, in tela con cornice. Lire 480; [post 1834]: 151. Gennari Benedetto. Giuditta con la testa di Oloferne e sua ancilla, 444; 1854: 444. Benedetto Gennari. Giuditta con la testa di Oloferne e sua ancella; [1873]: Stanza di Pio VI, prima stanza a tramontana, quarta parete che dà ingresso alla seconda stanza a tramontana, 43. Gennari Benedetto [corretto su Ercole] nato 1575, morto *** [corretto su nato 1597, morto 1658]. Giuditta con la testa di Oloferne [corretto su Giuditta e Oloferne]; 1873a: c. 4, 43. Benedetto Gennari nato 1575, morto ***. Giuditta con la testa di Oloferne e sua ancella; 1902: c. 28, 130 (120). 120. Giuditta colla testa di Oloferne e sua ancella. Tela ad olio. Alto 1.25, largo 1.55. Benedetto Gennari. Guasto. Non buona. Legato Vicentini Dal Giglio; 1907: c. 14, 120 (120). Benedetto Gennari detto il Vecchio, nacque in Cento nel 1575, fu uno dei migliori maestri del Guercino, poi collega indi affine, compose quadri ragguardevoli. Giuditta colla testa di Oloferne e sua ancella. Tela, 1.25x1.55. Legato Vicentini Dal Giglio; 1908: 120 (204). Benedetto Gennari il Vecchio. Giuditta colla testa di Oloferne e l’ancella (tela, 1.25x1.55). Nel 1908 si trova nella prima stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava nella stanza del re al n. 43. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova nella prima stanza a tramontana al n. 49. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 49. Pervenne alla Pinacoteca nel 1834 per legato Vicentini Dal Giglio colle indicazioni: n. 173, Gennari Benedetto, Giuditta colla testa di Oloferne e sua ancella, tela con cornice, 1.15x1.50; 1910-1912: 204 (208). Numerazione vecchia: 120 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 130 catalogo 1902; 43 catalogo 1873; 49 Magrini catalogo a stampa 1855; 444 inventario di consegna 1854; 173 n. del legato; 204 catalogo 1912; 204 catalogo 1940; 204 inventario 1950. Provenienza: legato Vicentini Dal Giglio 1834. Collocazione: sala dei tardi italiani. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: alto 1.25, largo 1.55; inventario 1950 1.20x1.55. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Giuditta con la testa d’Oloferne e un’ancella. Autore: Benedetto Gennari; catalogo 1912 Benedetto Gennari; catalogo 1940 Benedetto Gennari; inventario 1950 Artemisia Gentileschi? (G. Fiocco).

Descrizione tecnica

Nel libro romanzesco della Bibbia che porta il suo nome si legge che Giuditta, bellissima e giovane vedova ebrea, per salvare gli abitanti della città (immaginaria) di Betulia, finse di cercare rifugio nel campo del nemico, dove fece invaghire di sé Oloferne, condottiero delle truppe di Nabucodonosor, re dell’Assiria, che le offrì nella sua tenda un banchetto nel quale si ubriacò fino a cadere in un sonno profondo, del quale la donna approfittò per tagliargli la testa e tornare con quel trofeo tra i suoi, che attaccarono e sconfissero le soldatesche rimaste senza il loro comandante.

Questo bellissimo dipinto è entrato nel Museo con l’attribuzione a Benedetto Gennari, nipote di Guercino, attribuzione che porta anche nel catalogo di Ongaro (1912); per Arslan (1934), il quale riferisce che Fiocco lo aveva dato ad Artemisia Gentileschi, “rivela forse la mano di Artemisia”; come opera di Gennari torna a schedarlo Fasolo (1940). Omesso nei cataloghi seguenti, è stato portato all’attenzione degli studi da Marinelli (2001), che ne ha riconosciuto l’autore in Giuseppe Vermiglio nel momento in cui inizia il suo accostamento ad Orazio Gentileschi. Il tema caravaggesco e il naturalismo della figura della vecchia, osserva Marinelli, rimandano con precisione agli anni romani di Vermiglio, in una data non lontana dal 1620, quando presumibilmente il pittore ritornò in Lombardia. In un dipinto di Vermiglio dello stesso soggetto ma di diverso assetto e di poco posteriore appartenente alla Pinacoteca Ambrosiana (inv. 672) si ritrovano affinità di stesura pittorica oltre che somiglianze di figure (si veda la testa di Oloferne) e di particolari come il diadema di perle sul capo dell’eroina.

Bibliografia

Magrini, 1855, p. 55, n. 49 (Benedetto Gennari); Ongaro, 1912, p. 82 (Benedetto Gennari); Arslan, 1934, pp. 11-12, 22 (forse Artemisia Gentileschi); Fasolo, 1940, p. 146 (Benedetto Gennari); Marinelli, 2001, pp. 50-51; Avagnina, 2003, pp. 53-55.

Quest’opera appartiene al percorso: