Composizione floreale con cesta e ghirlande

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AutoreElisabetta Marchioni
Periodo(Rovigo, attiva tra i secoli XVII e XVIII)
SupportoTela, 98,3x130
InventarioA 267
Autore della schedaAlberto Craievich

L'opera appartiene ad una coppia di tele.
Consultare anche Inv. A 266

I due dipinti, concepiti in pendant, entrarono a far parte della raccolta di opere d’arte del Museo civico di Vicenza nei primi anni del Novecento, provenienti forse dalla ricca quadreria di Carlo Cordellina. Il celebre avvocato possedeva infatti, tra i suoi numerosi dipinti, un consistente numero di opere di genere.

Le tele vicentine raffigurano rigogliose e lussureggianti composizioni floreali, raccolte in grandi vasi e ampi bacili oppure in capienti ceste di vimini.

Stendendo sulla tela la materia pittorica con pennellate dense, intrise di colore, Elisabetta Marchioni accosta qui diverse tipologie di fiori dalle delicate cromie - rose, tulipani, garofani e campanule - riempiendo tutto lo spazio del dipinto.

Composizioni così complesse appartengono probabilmente ad una fase matura del percorso artistico della pittrice rodigina, attiva tra Seicento e Settecento, i cui lavori furono particolarmente apprezzati dalla committenza privata del tempo.

Descrizione figurativa

In questo secondo dipinto di Elisabetta Marchioni è ancora più evidente il significato simbolico di fugacità della vita tipico delle nature morte floreali seicentesche. Le abbondanti ghirlande sono disposte in primo piano e scendono a cascata da un bacile; sullo sfondo, però, si intravede anche uno scorcio di paesaggio al tramonto che indica, in senso lato, la fine delle cose.
I due dipinti in pendant provengono forse dalla collezione del celebre avvocato Carlo Cordellina, grande amante della pittura di genere e della natura morta.

Descrizione audio

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Cartellini

su carta bianca, a stampa con inchiostro nero stemma della città di Vicenza MUSEI CIVICI DI VICENZA/ N. A -267/ Autore: MARGHERITA CAFFI/ Opera: FIORI/ Tecnica e dimensioni: OLIO SU TELA/ cm. 98x131

Provenienza

registrato dal 1902

Restauri

1995, Paolo Bacchin

Inventari

1902: c. 108, (492). Fiori. Ignoto; 1907: c. 50, (492). Ignoto. Fiori, in tela; 1908: 492 (267). Ignoto italiano. Fiori (tela, 1.29x0.98). Nel 1908 si trova nella seconda stanza a destra; 1910-1912: 267 (273). Numerazione vecchia: 492 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 267 catalogo 1912; 267 catalogo 1940; 267 inventario 1950. Collocazione: sala dei paesaggi. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: largo 1.29x0.98; inventario 1950 0.98x1.31. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Fiori. Autore: ignoto italiano; catalogo 1912 ignoto italiano; catalogo 1940 ignoto italiano; inventario 1950 opera di pittore meridionale; 12.9.1963 comunicazione orale prof. Bottari Margherita Caffi.

Descrizione tecnica

L'opera appartiene ad una coppia di tele.

Consultare anche Inv. A 266

Le due tele, evidentemente en pendant, raffigurano esuberanti e monumentali composizioni floreali tra cui si riconoscono rose, garofani, tulipani, campanule, sistemati in grandi vasi e bacili (cat. 329 A 266) oppure in ceste di vimini, con altri raggruppati in ghirlande e in semplici fasci appoggiati al suolo (cat. 330 A 267), frammisti alla vegetazione spontanea che spunta dal terreno; sullo sfondo si intravede un breve scorcio di paesaggio. L’originaria provenienza delle opere non è stata rintracciata. Le citazioni relative a dipinti dal medesimo soggetto sono numerose negli antichi inventari (Porto Godi, Di Velo, Vicentini Dal Giglio), ma a causa della loro genericità non è possibile legarle in modo convincente ai dipinti in esame. Si è ritenuto (Schiavo2, 1990) che facessero parte della quadreria di Carlo Cordellina, per gran parte costituita da opere di genere. Tuttavia, non ci sono indicazioni precise che possano avvallare questa ipotesi, tanto che le due tele non sono state incluse nella recente esposizione dedicata all’avvocato veneziano (Carlo Cordellina…, 1997). Riferiti ad un ignoto artista italiano nei primi cataloghi della galleria sono stati per la prima volta attribuiti a Margherita Caffi da Stefano Bottari (comunicazione orale), riferimento accolto dalla letteratura successiva fino alla mostra sulla pittura lombarda del settecento (Barigozzi Brini, in Settecento…, 1991). Più che per sostanziali tangenze stilistiche l’attribuzione alla Caffi è stata tradizionalmente avanzata in riferimento all’ipotetica attività vicentina della pittrice, attestata dall’erronea lettura della firma Marg.ta Vicencina Caffi apposta su un dipinto di collezione privata genovese (Morandotti2, 1989, I, p. 254; Poli, 1996, pp. 95-103). Venuta meno l’origine locale dell’artista, attiva invece tra la Lombardia e l’Emilia, è stato possibile riconsiderare le due tele senza condizionamenti geografici di sorta. Già Franco Barbieri (1995) riportando in modo dubitativo l’attribuzione tradizionale notava come si riscontrassero, nelle opere, elementi veneti per i quali “è stato avanzato anche il nome di Elisabetta Marchioni”. La paternità della pittrice rodigina, pienamente condivisibile, è stata invece affermata in modo definitivo da Ezio Chini (1993-1994) e successivamente accolta dagli studi successivi. Più problematica l’ipotesi di datazione dei dipinti, vista l’assoluta mancanza di appigli cronologici all’interno dell’attività della Marchioni, della quale non sono conosciuti neppure gli estremi anagrafici (Damen, 2001, pp. 849-850).

È possibile ipotizzare che simili composizioni, abbastanza complesse, spettino alla produzione matura dell’artista, che nelle sue prime prove doveva essere orientata verso l’esecuzione dei più tradizionali e semplici Vasi all’antica. Tuttavia, la pennellata ancora grassa e oleosa delle nostre tele, non consente di inoltrare più del dovuto la datazione, dal momento che nella sua tarda attività la Marchioni alleggerisce progressivamente il suo tocco che diventa via via più sfarfallante e leggero, senza mai raggiungere la piumosa consistenza propria delle opere di Margherita Caffi.

Bibliografia

Ongaro, 1912, p. 94 (ignoto italiano); Arslan, 1934, p. 24; Schiavo, 1975, p. 51; Fasolo, 1940, p. 147 (ignoto pittore italiano); Ballarin An., 1982, pp. 128-129 (Margerita Caffi); Schiavo2, 1990, p. 345, cat. 6.14 (Margherita Caffi); Barigozzi Brini, in Settecento…, 1991, p. 242, cat. I.234-I.235 (Margherita Caffi); Chini, 1993-1994 (1997), p. 34; Barbieri, 1995, p. 132; Bocchi, 1998, p. 431; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, p. 65.

Esposizioni

Vicenza, 1990, p. 345, cat. 6.14; Milano 1991, p. 242, cat. I.234-I.235.

Quest’opera appartiene al percorso: