Ritratto di Bernardino Loschi giovinetto

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AutoreAlessandro Maganza
Periodo(Vicenza 1548 - 1632)
SupportoTela, 165,2x102
InventarioA 51
Autore della schedaFrancesca Lodi

Il ritratto fu commissionato a Maganza da Ortensio Loschi, per ricordare il figlio Bernardino, morto nel 1596 a soli quindici anni. L’adolescente, riccamente abbigliato, s’impone con tutta la dignità del suo ceto; ma l’espressione assorta, la mano appoggiata su di un libro e il piccolo crocifisso d’avorio sembrano rimandare alla morte prematura. Particolare interesse rivestono i dettagli dell’abbigliamento, tra cui la gorgiera, il farsetto in velluto soprarizzo e i fitti bottoni d’oro. Maganza fa di quest’opera una delicata e commossa elegia post mortem, che rappresenta una valida espressione della sua arte.

Descrizione figurativa

Quest'opera fu commissionata al Maganza dal conte Ortensio Loschi per ricordare la morte del figlio quindicenne Bernardino. Questi é rappresentato in piedi, accanto ad un tavolino su cui sono posati un piccolo crocifisso d'avorio ed un libro sul quale il giovinetto posa la mano destra. Egli é riccamente abbigliato: gli circonda il collo una candida gorgiera, mentre il busto è fasciato da un farsetto di velluto riccamente damascato, chiuso da una fitta e preziosa fila di bottoni d'oro. Ma l'espressione triste, la mano appoggiata sul libro ed il piccolo crocifisso pongono lo spettatore di fronte al dramma di una morte così prematura.

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Iscrizioni

in basso TE RARIS ANIMI VINCENTEM DOT/ B[…] ANNOS

Provenienza

legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1826

Inventari

1826: 42. Camera a mattina sopra il Corso. Ritratto d’un giovane in piedi. Alessandro Maganza. Lire 20; 1831: 97. Nella sala detta del Consiglio. Maganza. Ritratto di un giovine in piedi. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 42; [post 1834]: 189. Maganza. Ritratto d’un giovine in piedi, 6; 1854: 6. 1.63. 1.03. Maganza. Ritratto d’un giovine, figura intera; [1873]: Stanza dei ritratti, parete II, 36. Alessandro Maganza nato 1556, morto 1630. Giovinetto, mezza figura; 1873a: c. 8, 36 Alessandro Maganza. Ritratto di nobile giovanetto; 1902: c. 81, 370 (352). 11. Ritratto di nobile giovanetto. Tela ad olio. Alto 1.55, largo 0.95. Alessandro Maganza. Buono. Non buona. Testamento contessa Carolina Porto; 1907: c. 40, 353 (352). Alessandro Maganza. Ritratto di nobile giovanetto. Tela, 1.55x0.95. Testamento contessa Carolina Porto; 1908: 352 (51). Alessandro Maganza. Ritratto di nobil giovanetto (tela, 1.55x0.95). Nel 1908 si trova nella stanza dei ritratti. Nel 1873 si trovava nella stanza dei ritratti al n. 36. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova in sala al n. 62. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 6 e le indicazioni: Maganza, Ritratto di un giovane, figura intera, 1.65x1.03. Pervenne alla Pinacoteca nel 1826 per legato Paolina Porto Godi col n. 42 e le indicazioni: Alessandro Maganza, Ritratto di giovane in piedi; 1910-1912: 51 (57). Numerazione vecchia: 352 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 370 catalogo del 1902; 36 catalogo 1873; 62 Magrini catalogo 1855; 6 inventario di consegna 1854; 42 n. del legato; 51 catalogo 1912; 51 catalogo 1940; 51 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala V dei vicentini. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: 1.55x0.95; inventario 1950 1.64x1.00. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Ritratto di giovanetto (figura intera). Autore: Alessandro Maganza; catalogo 1912 Alessandro Maganza; catalogo 1940 Alessandro Maganza; inventario 1950 Alessandro Maganza; W. Arslan probabile opera di Alessandro Maganza.

Descrizione tecnica

Una composta gravità connota il nobile giovinetto raffigurato in piedi, di tre quarti. Preme la mano destra su di un libro, posto accanto al Crocefisso in avorio, come se meditasse sul suo contenuto, mentre con la sinistra tiene la berretta: “non la vivacità giovanile, ma un’energia di volontà precocemente consapevole è impressa sul volto reso dall’artista nei suoi caratteri con semplicità e concisione di mezzi” (Venturi, 1934). Rischiarato dalla bianca gorgiera ricamata, il bel volto dalla carnagione chiara, su cui si diffondono tenui ombre, pur nella severità dell’espressione, trattiene ancora qualcosa dell’infanzia da poco superata. Il raffinato abbigliamento, su cui si è appuntato l’interesse degli studiosi (Ballarin An., 1982), è definito con cura. Un prezioso tessuto dorato, dove si snodano ramages in soprarizzo di velluto color pavonazzo, forma il farsetto, stretto in vita da una cintura e scandito da una fitta schiera di bottoni d’oro, ed anche le ampie brache al ginocchio. L’abbigliamento è completato dalle maniche di seta verde, profilate di pizzo bianco, dalle calze attillate e dalle scarpe a punta arrotondata. Preciso nella definizione del dettaglio, il ritratto non si risolve, tuttavia, in un puro documento di costume: come la particolare iconografia e insieme l’iscrizione alla base del dipinto fanno intuire, l’intento che mosse il committente e ispirò l’artista fu quello di ricordare, meglio, di mantenere “in vita” un giovinetto strappato dalla morte.

Lo studio dedicato da Margaret Binotto (in Pinacoteca di Brera…, 1990) alla pala di Alessandro Maganza raffigurante San Marco aggredito dai Turchi mentre celebra la messa, ora nella parrocchiale di S. Giovanni Battista di Cassina Ferrara, ma proveniente dalla chiesa vicentina di S. Marco, riconosce una relazione tra la pala e il dipinto in esame, e mette sulla strada che porta a identificare l’adolescente. Nella scena concitata del dipinto, in cui tutti gli sguardi sono polarizzati verso il santo brutalmente aggredito, solo un personaggio guarda verso lo spettatore: un fanciullo, dice il Boschini (1676, p. 83), “così teneramente impastato, che pare di carne viva”, le cui fattezze corrispondono puntualmente a quelle del giovinetto del ritratto. Come ricorda la studiosa, il dipinto era incastonato nell’altare maggiore della chiesa di San Marco, fatto restaurare da Ortensio Loschi nel 1595; il fanciullo avrebbe potuto essere il figlio del committente dell’altare o, comunque, un membro della sua famiglia. Si tratta in effetti di Bernardino Loschi, figlio di Ortensio, morto all’età di quindici anni, che un’iscrizione del 1597, “in Sacello majore”, commemorava assieme al fratello Giulio Cesare (Faccioli, I, 1776, p. 107). Il Pianto d’Elicona in morte dell’Illustre sig. Bernardino de’ Loschi, passato à miglior vita d’età d’anni XV (Vicenza 1596, Eredi di Perin Libraro), un opuscolo che raccoglie componimenti in volgare e in latino ispirati alla morte del giovinetto, definito con delicate metafore: “vago e odorato fiore”, “vago augel”, “angelo”, “nel ciel paggio beato”, “agnelletto”, comprende, in particolare, un sonetto del grammatico Lodovico Roncone indirizzato ad Alessandro Maganza, che permette senza ombra di dubbio l’identificazione del fanciullo della pala e quindi anche di quello effigiato nel dipinto in esame: “Quella dotta tua man, che ne i colori/ Del mio Losco gentile impresse il volto/ Nel tempio, ov’hor da freddo marmo accolto...”. Pure significativa la risposta dell’artista: “Ben di lume s’ornaro i miei colori,/ Quando formai di questo Angelo il volto,/ che Morte ha si repente in grembo accolto”. E ancora: “S’egli avanzò Natura, e i teneri anni, Tu ’l sai”: è il concetto espresso dall’iscrizione alla base del dipinto. Il fatto che nel disegno preparatorio della tela di Cassina Ferrara, riconosciuto da Binotto nel Museo nazionale di Stoccolma, non sia contemplato il ritratto del fanciullo, potrebbe far pensare che l’episodio sia stato aggiunto in seguito al tragico evento. Il ritratto in esame probabilmente è stato eseguito contemporaneamente o di lì a poco. Il Maganza deve avere ben avvertito la responsabilità dell’assunto e ha composto un quadro di commossa elegia, quasi un’icona di san Luigi Gonzaga, che si colloca tra i raggiungimenti più significativi della sua arte compresa dello spirito severo della Controriforma.

Bibliografia

Magrini, 1855, p. 54, n. 62; Ongaro, 1912, p. 35, n. 51; Maganza Malerfamilie, 1929, p. 552; Arslan, 1934, p. 16; Venturi A., 1934, pp. 118, 120; Fasolo, 1940, p. 90; Lodi, 1961-1962, pp. 86-87; Lodi, 1965, p. 112; Barioli-Ballarin An., in Il Gusto…, 1973, pp. 41-42; Ballarin An., 1982, p. 52; Binotto, in Pinacoteca di Brera…, 1990, p. 319, cat. 175.

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