San Francesco d'Assisi riceve le stigmate tra i santi Chiara e Pietro, Bartolomeo di Breganze (?) e i santi Paolo e Bernardino

Ricerca opere

AutoreMarcello Fogolino
Periodo(San Vito al Tagliamento, Vicenza, 1483/1488 - Trento? 1550/1558)
SupportoTavola, 48,3x234
InventarioA 35
Autore della schedaGiovanni C.F. Villa

La lunga tavola, che si è ipotizzato fungesse da predella ad una pala d’altare dipinta da Marcello Fogolino per la chiesa di San Francesco Nuovo a Vicenza (ora a Berlino), è uno dei primi capolavori del maestro vicentino. Risale probabilmente al biennio 1517-1518 ed è leggermente successiva al dipinto berlinese, rispetto al quale manifesta una notevole autonomia d’invenzione.

L’episodio sacro qui raffigurato ha come protagonista san Francesco, che riceve le stigmate alla presenza dei santi Chiara e Pietro sulla sinistra, Paolo e Bernardino sulla destra, mentre inginocchiato alle sue spalle compare un monaco, forse identificabile con il beato Bartolomeo di Breganze.

Sullo sfondo del miracoloso evento, si apre un’ampia veduta di Vicenza nel secondo decennio del Cinquecento. Si riconoscono la piana di Campo Marzio e il corso del Retrone che entra, attraverso ponte Furo, all’interno della città. Vicenza, vista da sud, appare racchiusa entro la cerchia muraria su cui s’innalza il torrione di Porta Castello ed è dominata dalla Torre di Piazza, che svetta alle spalle della Basilica, qui ritratta prima della costruzione delle logge palladiane. Fogolino aggiunge altri particolari: il santuario e il convento della Madonna di Monte Berico, le Prealpi vicentine e l’Altopiano di Asiago, alcuni ruderi che ricordano l’antico teatro romano di Berga e la Badia benedettina di san Felice. È un tranquillo paesaggio agreste, immerso nella luce, popolato da vivaci e realistiche figure: un cavaliere, due monache, un viandante, un soldato e l’artista stesso, colto mentre è intento a disegnare nei pressi delle mura della città.

Questa narrazione minuziosa di scene di vita quotidiana, che pone il dipinto in stretto dialogo con l’Adorazione dei Magi realizzata da Fogolino per San Bartolomeo (Inv. A 34), si accompagna ad altri precisi particolari botanici, come la pianta di fragole e l’iris in primo piano che, posto in corrispondenza della figura di Cristo, è simbolo del messaggio divino.

Cartellini

1946 N. 24863; 1949-1950 N. 35/ Marcello Fogolino/ S. Francesco d’Assisi, S. Chiara, S./ Paolo, S. Pietro e S. Bernardino/ Tavola […]; 1954 N. 8064; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero Museo - Vicenza N. 69; su carta bianca, a penna con inchiostro nero Per legato Rebustello; targhetta in carta bianca a stampa con inchiostro nero 156; targhetta bianca a stampa con inchiostro nero MARCELLO FOGOLINO/ Vicenza, Museo Civico

Provenienza

Vicenza, chiesa di San Francesco Nuovo; galleria di casa Balzi Salvioni, Vicenza 1808?; eredità ai Bevilacqua-Lazise, Vicenza; acquistato da Gaetano Rezzara, Vicenza (Da Schio, ms. secolo XIX, n. 3404, p. 849); legato Luigi Rebustello, Vicenza 1887 (vedi campo provenienza cat. 47; MCVi, Museo, Legati, fasc. “Legato dottor Rebustello”, contenente l’elenco dei “quadri di pregio legati al Comune di Vicenza con testamento del dottor Rebustello”, la numerazione inventariale dell’elenco è discontinua: nn. 89-110, 120-126 per un totale di 29 dipinti; tale inventario è presente in duplice copia, una riportante la data di acquisizione da parte del conservatore, Domenico Peterlin, del catalogo dei dipinti corrispondente al 1888, set. 26, l’altra datata 1887, apr. 22, con nota di mano di Domenico Bortolan apposta successivamente alla stesura dell’elenco, che riporta al n. “95. Le stimate di san Francesco con santi, la città di Vicenza, dintorni, montagne, in tavola, di Figolino G. B. detto Marcello Fogolino”)

Restauri

2006, Antonio Bigolin

Inventari

1902: c. 59, 268 (259). 260. San Francesco d'Assisi e santi Chiara, Pietro, Paolo e Bernardino [depennato con veduta della città di Vicenza nel 1400]. Tavola [depennato ad olio]. Alto 0.37, largo 2.36. Attribuito a Marcello Fogollino. Buono. Un po’ guasta. Questo quadro è anche importante per la veduta della città di Vicenza nel secolo XVI; 1907: c. 29, 261 (259). Attribuito a Marcello Fogolino. San Francesco d’Assisi e santi Chiara, Pietro, Paolo e Bernardino. Tavola, 0.37x2.36. Questo quadro è anche importante per la veduta della città di Vicenza nel secolo XVI; 1908: 259 (35). Attribuito a Marcello Fogolino. San Francesco d’Assisi, santa Chiara, san Pietro e san Paolo e san Bernardino con veduta della città (tavola, 0.37x2.36). Nel 1908 si trova nella stanza dei vicentini. Pervenne al Museo il 22 aprile 1887 col n. 95 del legato Rebustello e colle indicazioni: Le stimmate di san Francesco con santi, la città di Vicenza e dintorni, in tavola di Marcello Fogolino; 1910-1912: 35 (41). Numerazione vecchia: 259 catalogo 1908 Commissione d’inchiesta; 268 catalogo 1902; 95 vecchio cartellino 1887; 35 catalogo 1912; 35 catalogo 1940; 35 inventario 1950. Provenienza: pervenuto al Museo nel 1887 per legato Rebustello; era nella chiesa di San Francesco. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: alto m 0.37, largo m 2.36; inventario 1950 0.48x2.33. Materia e colore: tavola a tempera. Conservazione e restauri: ben conservato ma la tavola è un po’ contorta. Descrizione: San Francesco d’Assisi che riceve le stimmate, santa Chiara, san Pietro, san Paolo e san Bernardino, nello sfondo la città e i dintorni di Vicenza; la pala di questa predella si trova al Museo di Berlino. Autore: Marcello Fogolino; catalogo 1912 Marcello Fogolino; catalogo 1940 Marcello Fogolino; inventario 1950 Marcello Fogolino; secondo il prof. Pallucchini (comunicazione orale 26 aprile 1957) il Fogolino risente della maniera di Giorgione. Bibliografia: F. N. Vignola, Appunti sulla pinacoteca vicentina, III, Bollettino del Museo Civico di Vicenza, fascc. III e IV. Iconografia: Alinari 13510/11 (2 tavole).

Descrizione tecnica

Il bislungo dipinto, dall’esplicita iconografia eccezion fatta per il monaco posto dietro san Francesco - che si propone di identificare in Bartolomeo di Breganze, come indicherebbe l'aureola, non visibile nella canonizzata immagine di Frate Leone - è uno dei capolavori della prima attività del pittore vicentino e, per la quotidianità delle scene rappresentate sul secondo piano, si pone come ideale completamento di un percorso narrativo inaugurato dall'Adorazione dei magi (cat. 51 A 34). Il tranquillo sfondo, punteggiato dai monumenti più rappresentativi dell'architettura vicentina, ospita vivaci notazioni di costume nelle figurette sparse nell'agreste paesaggio - un cavaliere, bardato di tutto punto, ozia sul prato discorrendo con un viandante mentre due monache, con sulle spalle il fardello, si avviano a raccogliere le offerte per il convento e sul fiume una barca solca pigra le acque avviandosi verso l'approdo, forse quel “porto di Santa Caterina” un po’ fuori le mura ove si fermavano le navi cariche ed i burchi vinai - in un racconto fitto e minuto ove emerge la presenza del giovane intento a disegnare lacerti archeologici, attentamente osservato da un soldato che lo indica, inseriti nelle mura a sinistra della composizione: probabilmente un autoritratto in azione del pittore così come appare nell’Adorazione dei Magi e nei finali affreschi del Palazzo Assessorile di Ascoli Piceno. Personaggi quindi verissimi, come reale è il complesso panorama di Vicenza ripreso da sud, caratterizzato da una forzatura prospettica dettata dalla volontà di creare un'ottica la più ampia possibile: all’osservatore inerpicatosi sulle pendici di Monte Berico appaiono le Prealpi vicentine e i lembi estremi dell'Altopiano di Asiago, il santuario ed il convento della Madonna di Monte Berico nella loro originale struttura. Nella valle sottostante, il dispiegarsi di ruderi non è immemore delle vicine vestigia del teatro romano di Berga, cui seguono la Badia benedettina di San Felice, isolata nella campagna, e una bella pausa “ecologica”, fra la badia ed il fortilizio di Porta Castello, fatta di prati e boschetti intercalati di radi casolari. Ecco poi i meandri del Retrone; tra le “quinte” dei santi Paolo e Bernardino si staglia la veduta della città, raccolta entro la cerchia di mura dominata, sul sobborgo di San Rocco e di Porta Nuova, dal torrione di Porta Castello; il fiume vi entra per gli archi gemini di Ponte Furo, su cui prosegue la cortina di difesa; case e torri si serrano attorno alla mole del Palazzo della Ragione, qui ritratto nella policroma veste, vivacemente gotica, intessutagli alla metà del quattrocento da Domenico da Venezia, sotto la brunita carena a lastre di piombo, antecedente la costruzione delle logge palladiane. Su tutto, lo squillo acuto della Torre di Piazza: mentre staccano inconfondibili sul cielo i profili delle Prealpi e la vetta del Summano. Un trattamento micrografico di vividissimi personaggi e lucide descrizioni ambientali connesso dalle abituali notazioni botaniche dell’artista: qui la fiorita pianta di fragole e lo splendido irische, interpretabile come simbolo del messaggio divino e dunque posto esattamente sotto il Cristo stigmatizzante, servì in realtà all’artista a coprire il ripensamento in corso d’opera relativamente la posizione di Bartolomeo di Breganze.

Il dipinto è menzionato per la prima volta nel 1789 da Maccà, che lo vede nella sagrestia della chiesa di San Francesco Nuovo, con Borenius (1909) che lo collega alla Madonna in trono tra i santi Bonaventura, Giovanni Evangelista, Francesco, Antonio da Padova, Bernardino e Ludovico da Tolosa (olio su tela, cm. 256x255, firmato: MARCELLUS FOGOLINUS P., Staatliche Museen, Gemaldegalerie, Berlino, inv. 47 B-O) ipotizzando ne fosse la predella. Ipotesi solo parzialmente accettabile. Per certi aspetti paiono indubitabili le attinenze con il dipinto ora a Berlino commissionato da Carlo Volpe che, sepolto ai piedi dell’altar maggiore dedicato a San Francesco, nel 1507 fu l’artefice del rinnovamento della chiesa delle monache francescane di Santa Chiara: intervento probabilmente in memoria di Ludovico da Vicenza, predicatore francescano, membro della famiglia Volpe che, appartenente all'Osservanza, discepolo e biografo ufficiale di San Bernardino da Siena, morì il 21 aprile 1507. Ed il San Ludovico di Tolosa nella grande pala ne è plausibile prefigurazione. Ma il bislungo dipinto vicentino dovette essere in sacrestia fin dal seicento, se nè il Ridolfi nè il Boschini ne danno notizia inducendo a pensare, anche per le non indifferenti dimensioni e autonomia inventiva, una esecuzione seguente l’opera di commissione Volpe, che aspetti stilistici pongono a collocare a ridosso del 1516, data del ritorno di Fogolino da un soggiorno veneziano durato otto anni, mentre per la tavola vicentina possiamo considerare date intorno al 1517-1518: se le figure hanno ancora qualcosa della “scabrosità rude del Montagna”(Venturi), questa è ormai calata in forme più ampie ed espanse, maturate in senso cinquecentesco grazie alla lezione di Cima da Conegliano, cui è riferibile il san Paolo, o alla lettura del Romanino padovano. Come nuovo è il rapporto tra le figure ed il largo ed arioso paesaggio, impostato da Fogolino su di un piano per lui nuovo, di predominio del secondo sulle prime, a denunciare l'interesse destato dalla Trasfigurazione belliniana di Capodimonte, in origine nel Duomo vicentino. L’attenzione al movimento, alle ombreggiature, ad un panneggiamento reso morbido e volumetrico e non più cadente a piombo, si pongono come l'apice della poetica di Marcello nella sua prima fase, prima di essere toccato dal pordenonismo e dalla pratica accanto a Dosso e Romanino a Trento.

Bibliografia

Maccà, 1789, p. 42; Magrini, 1845, p. V; Formenton, 1867, pp. 445-446; Morsolin, 1884, p. 14; Layard, 1907, I, p. 291; Borenius, 1909, pp. 191, 212; Vignola³, 1910, pp. 29-30; Ongaro, 1912, p.31; Borenius, 1912, pp. 191, 212-213; Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, p. 148 n.2; A. Venturi, 1915, p. 652; Gronau, 1916, p. 141; Ongaro, 1923, p. 5; Zorzi, 1925, p. 166; De Mori², 1928, pp. 17-18; Berenson, 1932, p. 198; Arslan, 1934, pp. 8, 15; Berenson, 1936, p. 171; Fasolo, 1940, pp. 79-80; Dalla Pozza, 1949, p. 4; Pallucchini¹, in I Capolavori…, 1946, p. 94, cat. 156; Pallucchini², in I Capolavori…, 1946, p. 89, cat. 156; Barbieri, 1952, pp. 9-10; Barbieri, 1953, p. 202; Magagnato, 1953, p. 175; Barbieri, 1954, p. 174; Arslan, 1956, pp. 28, 35, 64-65; Barbieri- Magagnato, 1956, p. 175; Berenson, 1957, I, p. 78; Berenson, 1958, II, p. 80; De Logu, 1958, p. 242; Barbieri, 1962, I, pp. 125-127; Puppi, 1963, p. 410, 412; Barbieri, 1980, pp. 141-142; Barbieri, 1981, pp. 53-55; Ballarin An., 1982, p.87; Barbieri, 1995, pp. 61-63; Banzato, 1996, I, p. 313; Furlan, 1997, p. 503; Tempestini, 1999, p. 996; Villa², 1999, p. 46.

Esposizioni

Venezia, 1946, p. 94, cat. 156.

Quest’opera appartiene al percorso: