Cristo morto sostenuto dalla Madonna tra san Giovanni e la Maddalena con monaca orante
Autore | Pittore di scuola padovana |
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Periodo | (ottavo decennio del secolo XV) |
Datazione | 1480 |
Supporto | Tela (trasporto da tavola), 74x51 |
Inventario | A 168 |
Autore della scheda | Chiara Rigoni |

Cartellini
s.d.1 N. D 11/ Scuola Padovana - Cristo deposto […]; 1949-1950 N. 168/ Scuola Padovana/ Cristo deposto/ 79x52; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero MUSEO. CIVICO. VICENZA/ Dep. N° 6
Provenienza
legato Girolamo Lupieri, Vicenza 1875 (MCVi, Museo, Registri di protocollo, reg. 1, prot. n. 24 del 1875, mag. 3 il «Municipio, n. 1882, partecipa alla Commissione la disposizione testamentaria del defunto Girolamo Lupieri a favore del Museo e la incarica a ricevere dal signor Francesco Pasqualotto gli oggetti legati»; ASCVi, Comune di Vicenza, VIII, Museo, b. 9, fasc. «1875», lettera del 1875, mag. 2 con la quale Francesco Pasqualotto, esecutore testamentario di Girolamo Lupieri, defunto il 21 aprile 1875, trasmette alla Giunta municipale l’elenco dei quattro dipinti legati con testamento 22 gennaio 1875 al Museo civico di Vicenza: «al Museo patrio della mia cara e amata Vicenza lascio le due tavolette colle relative cornici del Fogolino, rappresentante una i Tre re maggi in viaggio per Betlemme, l’altra l’Orazione all’orto, il Deposto della croce in tavola reputata uno dei primi lavori di Bartolomeo Montagna, nonché gli lascio l’altra tavoletta antica che sembra del Carpaccio e rappresenta un episodio del Guglielmo Tell»; prega inoltre la Giunta municipale di prelevare i detti quadri dall’abitazione di Lupieri; segue lettera del 1875, mag. 9 con la quale la Commissione alle cose patrie comunica alla Giunta municipale l’avvenuto trasporto dei quadri del lascito Lupieri)
Restauri
1908, Franco Steffanoni; 1957, Giuseppe Giovanni Pedrocco; 1988, Corest
Inventari
[1873]: Seconda stanza a tramontana, parete a sinistra entrando, 56 (58). Bartolomeo Montagna nato 1438 circa, morto 1523, fu scolaro di Andrea Mantenga nato 1436, morto 1505 e questi scolaro di Francesco Squarciane nato 1394, morto l’anno 1474 d’anni 80. Cristo morto sorretto da Maria vergine e da san Giovanni; 1873a: c. 5, 56. Scuola padovana dello Squarcione. Gesù Cristo morto sorretto da Maria vergine e da san Giovanni; 1902: c. 49, 223 (213). 215. La deposizione dalla croce, Cristo sostenuto da Maria vergine tra san Giovanni e santa Maddalena con piccola monaca genuflessa. Tavola ad olio. Alto 0.70, largo 0.50. Ignoto padovano. Molto guasto. Deperita. Legato Lupieri. Urge riparazione; 1907: c. 23b, 215 (213). Ignoto padovano. La deposizione dalla croce (Cristo sostenuto da Maria vergine tra san Giovanni e santa Maddalena con piccola monaca genuflessa. Tavola, 0.70x0.50. Legato Lupieri; 1908: 213 (168). Ignoto padovano. Cristo sostenuto da Maria vergine tra san Giovanni e santa Maria Maddalena con piccola monaca genuflessa (tavola, 0.70x0.50). Nel 1908 si trova nella terza stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava nella stanza del Cima al n. 56 colle indicazioni: Bartolomeo Montagna, Gesù Cristo morto, sorretto da Maria vergine e san Giovanni (copia dallo Squarcione); 1910-1912: 168 (173). Numerazione vecchia: 213 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 223 catalogo 1903; 56 catalogo 1873; 168 catalogo 1912; 168 inventario 1950. Provenienza: legato Lupieri. Collocazione: sala degli antichi veneti. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice di legno dorato. Dimensioni: 0.70x0.50; inventario 1950 0.75x0.52. Materia e colore: tavola a tempera (trasporto su tela). Conservazione e restauri: trasportato su tela nel 1908 da F. Steffanoni; affidato nel gennaio del 1957 al prof. G. Pedrocco. Descrizione: Cristo deposto a pie’ della croce in grembo di Maria fra san Giovanni e santa Maria Maddalena, in basso una monaca genuflessa, nello sfondo un monte roccioso con figurine. Autore: ignoto padovano; nel catalogo 1873 era attribuito a Bartolomeo Montagna e indicato quale copia dallo Squarcione; scuola padovana; catalogo 1912 scuola padovana; inventario 1950 scuola padovana del ‘400; secondo prof. Heinemann (comunicazione orale 31.7.57) Boldrini prima epoca.
Descrizione tecnica
Il dipinto è pervenuto al Museo nel 1875 tramite il legato di Girolamo Lupieri. L’opera risulta tuttavia già registrata nell’inventario del 1873 (progressivamente aggiornato almeno fino al 1879) con l’indicazione di “scuola padovana dello Squarcione”, poi tramandata negli inventari successivi. L’inventario del 1908 assegna il dipinto ad ignoto artista padovano e riporta in calce quanto riferito nell’inventario del 1873 dove l’opera è ritenuta copia da Squarcione e riferita a Bartolomeo Montagna, dato sorprendente che tuttavia all’esame delle carte non sembra trovare riscontro. L’assegnazione all’ambiente padovano della metà del quattrocento è confermata da Barbieri (1962) che vede nel piccolo dipinto l’opera di uno squarcionesco provinciale, collocandolo nel decennio tra il 1450 e il 1460. Lo studioso in particolare sottolinea le affinità con la Crocefissione di Nicolò di Antonio di Ancona dell’Accademia di Venezia e con alcune miniature di un Libro d’ore del Museo di Bassano, di recente riferito all’ambiente mantegnesco veronese e datato nel decennio 1460-1470 (Castiglioni, 1985, pp. 9-11). Concorda con la datazione proposta Puppi che tenta di ricondurre il dipinto, di cui sottolinea l’estro popolaresco e provinciale, entro l’ambito degli squarcioneschi vicentini (Puppi³, 1964), individuando qualche riferimento con l’affresco raffigurante la Deposizione tra i santi Pietro e Paolo dell’oratorio dei Boccalotti (1455), riconoscendo tuttavia l’assoluta singolarità dell’esemplare nel panorama locale.
Il dipinto raffigura il compianto sul Cristo morto, il cui rigido corpo è riverso nel grembo della Vergine che ha le braccia rivolte verso l’alto ed è posta sotto la croce sulla soglia di una grotta; l’affiancano le due figure stanti della Maddalena sulla sinistra, che sostiene il capo di Cristo, e di Giovanni sulla destra. In primo piano compare una piccola monaca orante, dall’abito forse identificabile con una clarissa, nella quale è da riconoscere la donatrice. La carica di pathos contenuta nella scena si concentra nei lineamenti sgraziati delle figure, caratterizzate da nasi adunchi e occhi gonfi sottolineati da sopraccigli arcuati, ma anche nell’anatomia risentita del Cristo e nel tormentato movimento delle pieghe aderenti delle vesti. La forte drammaticità che pervade la scena è accentuata dal paesaggio roccioso minuziosamente descritto nei particolari: la montagna scheggiata sullo sfondo è percorsa da un sentiero animato da minuscole scenette, dove si possono distinguere un ponte attraversato da figure, un san Girolamo penitente entro una grotta e, infine, un cavaliere in prossimità di una porta classica, diretto verso una città murata posta alla sommità. Un paesaggio da miniaturista, come del resto sembra confermare anche il precisissimo disegno che affiora sulla superficie pittorica e la gamma schiarita e brillante dei colori.
Se la ricerca di dare intensità ai rudi personaggi attraverso la meticolosa definizione delle figure e la caricata espressività dei volti, tradotta in una forte accentuazione grafica, induce a confermare all’ambiente padovano il dipinto, l’insolita iconografia della Vergine dalle braccia alzate, ed il caratteristico paesaggio scheggiato, rivelano la conoscenza della pittura di Mantegna dopo il 1460, e inducono a spostare la datazione del quadro verso l’ottavo decennio del quattrocento. L’individuazione della matrice mantegnesca, già rimarcata da Dalla Pozza (1949, p. 3), trova precisi riscontri nella formazione rocciosa che ricorda quella rappresentata nella Vocazione dei santi Giacomo e Giovanni della cappella Ovetari, ed in modo più diretto quella del giovanile San Girolamo penitente del Museo di San Paolo del Brasile. Anche lo zoccolo roccioso cosparso di ciottoli e ciuffi d’erba in primo piano ricorda straordinari brani di Mantegna come quello che si schiude nello scabro paesaggio dell’Orazione nell’orto di Londra (National Gallery). Ma è soprattutto nella inedita figura della Vergine dalle braccia levate che il richiamo sembra essere più esplicito: essa infatti è ripresa dall’incisione della Deposizione nel sepolcro di Vienna (Kunsthistorisches Museum), dove, in un paesaggio analogo al nostro, la Maddalena rappresentata sulla sinistra propone una posa analoga.
Il curioso dipinto costituisce dunque un documento importante che attesta la persistenza in area vicentina di un filone di matrice padovana, peraltro ampiamente documentato dalle fonti, e di cui recentemente si è andata approfondendo la conoscenza attraverso il riesame di un importante testo quale il polittico di Arzignano (Rigoni, 1999, pp. 89-99) e il recupero dell’affresco del coro delle monache di Santa Chiara a Vicenza, firmato dal padovano Zuan Francesco Zilio (Rigoni, 2002, pp. 155-164).
La Crocifissione databile nell’ottavo decennio del secolo si configura come una delle espressioni tarde di quella cultura figurativa da attribuire ad artista che rivela una conoscenza superficiale dei modelli mantegneschi e che mantiene d’altra parte ancora intatto il gusto per il bizzarro derivato da Squarcione.
Bibliografia
Ongaro, 1912, p. 70; Dalla Pozza, 1949, p. 4; Barbieri, 1962, I, pp. 210-211; Puppi, 1964, pp. 6-7; Ballarin An., 1982, p. 61; Tanzi, 1990, p. 603; Barbieri, 1995, p. 43.