La Verità svelata dal Tempo

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AutoreGiambattista Tiepolo
Periodo(Venezia 1696 - Madrid 1770)
SupportoTela, 254x340
InventarioA 341
Autore della schedaAndrea Tomezzoli

La grande tela, dipinta da Giambattista Tiepolo attorno alla metà degli anni Quaranta del Settecento, giunse in Museo nel 1928.

L’opera, proveniente dal palazzo che il noto avvocato Carlo Cordellina aveva fatto costruire in contrà Riale a Vicenza, era stata originariamente pensata come una grandiosa decorazione a soffitto per una delle altre proprietà di Cordellina: o la villa di Montecchio Maggiore, affrescata da Tiepolo tra il 1743 e il 1744, o il palazzo vicentino in stradella Piancoli, o quello veneziano in campo San Maurizio.

L’artista rappresenta qui uno dei soggetti allegorici a lui più cari. La giovane donna, mollemente posata accanto al globo terrestre su un soffice tappeto di nubi, rappresenta la Verità, che stringe con la mano destra uno specchio, mentre con la sinistra sorregge il disco solare, simbolo della luce della Ragione. Il corpo nudo, morbido e sensuale della giovane è stretto tra le braccia del Tempo, rappresentatosecondo la tradizione allegoricacome un vecchio, la cui pelle raggrinzita contrasta nettamente con le carni rosee e levigate della fanciulla. Il Tempo, abbandonata la grande falce suo consueto attributo, volge lo sguardo accigliato verso uno dei putti, più vivace degli altri, che gli ha appena rubato la clessidra, mentre impugna con la mano destra una foglia di palma, che allude alla Verità. Sulle destra della tela, al di sotto di un putto con una corona d’alloro, appare la Menzogna abbagliata dalla luce accecante della Verità.

L’immagine, resa mediante una tessitura cromatica luminosa e brillante, vuole dunque alludere alle virtù morali di equità e giustizia che ispiravano l’operato di Cordellina.

Provenienza

Vicenza, palazzo Cordellina, 1928 (ASCVi, Archivio del Comune, VIII, Museo, b. “1927-1932”, fasc. “1928”, deliberazione del Comune di Vicenza del 1928, apr. 3, n. 913: “il dipinto di forma ovale, rappresentante un’allegoria, di scuola del Tiepolo, levato dal soffitto di una sala del palazzo Cordellina, Scuola normale G. Fogazzaro, e consegnato al Museo, è in condizioni di deperimento evidente e progressivo. A tale deperimento, oltre al disgregarsi dell’imprimitura e del colore, contribuisce il fatto che la tela originariamente di sagome diverse e più movimentate, fu adattata a un telaio di forma ovale con aggiunta di parti mancanti e di conseguenti stuccature, che vanno distaccandosi. Un’operazione di restauro è consigliata per lo stato del dipinto e per il suo intrinseco e notevole interesse artistico. Preventivo per rintelatura, pulitura e restauro del dipinto (signor Francesco Noro) lire 1000; preventivo per un nuovo telaio con relativi cunei (falegname Giuseppe Vinante) lire 200, totale lire 1200”; segue lettera del 1928, ago. 13 con cui Luigi Onagro, direttore del Museo civico di Vicenza, comunica ad Antonio Franceschini, podestà di Vicenza, che “fu compiuto accuratissimamente il restauro della tela fatta togliere per le sue condizioni di deterioramento da una sala del palazzo Cordellina in contrà Riale. Il dipinto si è rivelato un’opera indubbia e fra le più caratteristiche e splendenti di Giambattista Tiepolo e costituisce un nuovo pregiato acquisto per l’arte vicentina”; MCVi, Museo, Verbali, reg. n. 3, seduta del 1930, mag. 14 in cui al punto 4 dell’ordine del giorno si legge: “la Commissione, preso atto che il Comune ha consegnato al Museo un dipinto su tela già nel palazzo Cordellina in Vicenza, dipinto di mano di Giambattista Tiepolo rappresentante Il Tempo che scopre la Verità, che convenientemente restaurato forma una delle gemme più pregiate della galleria, delibera di provvederlo d’una conveniente cornice dorata dando al direttore l’incarico di presentare la relativa proposta”)

Restauri

1928-1930, Francesco Noro; 1958, Giuseppe Pedrocco

Inventari

1910-1912: 341 aggiunta 1954. Numerazione vecchia: 340 catalogo 1940; 340 inventario 1950. Provenienza: 1940 dal palazzo Cordellina di Vicenza (1935). Forma e incorniciatura: sagomata [depennato rettangolare]. Dimensioni: catalogo 1940 3.50x2.85; inventario 1950 2.54x3.40. Materia e colore: tela sagomata. Conservazione e restauri: nel 1954, presentando lo stacco del colore dal supporto, il prof. Pedrocco procede a distendervi sopra un velo bianco; restaurato dal prof. Pedrocco nel 1959 per la mostra del Rococò a Monaco. Descrizione: 1950 Il Tempo che scopre la Verità. Autore: catalogo 1912 Giambattista Tiepolo; inventario 1950 Giambattista Tiepolo. Iconografia: foto Fiorentini (Venezia) CN 4563.

Descrizione tecnica

Su un arco di nuvole bruno-rosate è assisa, accanto al globo terrestre, una figura femminile ignuda che stringe con la destra uno specchio e con la sinistra tiene sollevato il disco solare. Quantunque in passato sia stato talvolta interpretato come la personificazione della Fama, il personaggio va interpretato come la Verità, sulla scorta del fortunatissimo manuale di iconologia di Cesare Ripa. Le sta vicino il Tempo che, abbandonata la falce, sembra distratto da un gruppetto di putti, uno dei quali gli ha appena sottratto la clessidra. Se da un lato egli impugna una foglia di palma, attributo che solitamente è associato alla Verità, dall’altro si deve precisare che il vegliardo poggia il piede non su un serpente, come è stato detto, ma su un timone terminante in una protome animalesca, secondo una soluzione che Giambattista Tiepolo ripropone nello stesso stretto giro di anni nel particolare con Plutone rapisce Proserpina di palazzo Labia e nel soffitto di palazzo Pisani Moretta a Venezia. Nel tradurre in forme visive il motto Veritas filia Temporis, Tiepolo mette in atto un espediente sfruttato innumerevoli altre volte: accosta per contrasto un vecchio a una giovane, la pelle avvizzita e bruciata dal sole del primo all’epidermide chiara e luminosa della seconda. Il tema si trasforma per Giambattista in un pretesto per esibire un nudo muliebre dall’evidente connotazione sensuale, a tal punto che la riflessione sul contenuto allegorico-moraleggiante di chiara matrice illuministica viene sostituita o quanto meno si associa a quella sul potere della Bellezza. Lo dichiara la struttura stessa della composizione, eccentrica rispetto all’asse mediano, dove la fanciulla occupa il centro geometrico della scena. Nel dipinto di Tiepolo, dunque, il Tempo scopre la Verità - una Verità, anzi, ormai del tutto svelata - potrebbe essere letto anche come il Tempo rapisce la Giovinezza, sebbene agli occhi dell’osservatore sia l’eburneo incarnato femminile ad apparire dotato del dono dell’incorruttibilità. A ristabilire l’assunto edificante compaiono la Menzogna, in secondo piano a destra, ripresa nell’atto di precipitare accecata dalla luce abbacinante della Verità, e il putto con il serto di alloro, che illusionisticamente sta scendendo nello spazio fisico del riguardante.

Il soggetto è uno dei più cari alla fantasia di Tiepolo, che ne ha redatto una prima versione nel soffitto dello scalone di villa Loschi Zileri Dal Verme a Biron di Monteviale: di quella prova giovanile ad affresco - del tutto diversa nell’impaginazione e nel carattere psicologico, con il Tempo che domina incontrastato - l’artista riprende la figura della Menzogna e quella della protagonista principale, ora proposta in controparte con poche varianti.

Il dipinto del Museo civico è menzionato nelle collezioni cittadine da Wart Arslan nel 1934, ma in realtà giunse nel 1928 (ASCVi, Archivio del Comune, VIII, Museo, b. “1927-1932”, fasc. “1928”, deliberazione del Comune di Vicenza del 1928, apr. 3). L’opera, dunque, proviene dal palazzo che Carlo Cordellina (1703-1794), celebre avvocato, aveva fatto erigere in contrà Riale. È stato Giulio Fasolo (1940) a far notare che tale residenza non può essere stata la sede originale del quadro, dal momento che fu eretta a partire dal 1776, ben dopo la morte del pittore. Si presentano allora tre possibili luoghi di provenienza, tutti di proprietà del giureconsulto vicentino: in primis la villa di Montecchio Maggiore, come propone lo stesso Fasolo, affrescata sempre da Tiepolo nel 1743-1744 (si veda anche Schiavo, 1975). D’accordo con Puppi (1968) nel rifiutare questa ipotesi per la mancanza di ambienti atti ad accogliere il dipinto - e a maggior ragione va escluso il pronao, inconcepibile per una decorazione su tela - resterebbero il palazzo di campo San Maurizio a Venezia e quello di stradella Piancoli a Vicenza, anteriore alla fabbrica di contrà Riale. Le assai precarie condizioni dell’edificio veneziano (cortese comunicazione di Giuseppe Pavanello) non consentono di verificare questa traccia di ricerca. In entrambi i casi, peraltro, la rimozione della tela dovette avvenire piuttosto tardi, considerando che il nuovo palazzo in città era pronto per essere decorato, almeno in parte, a partire dalla metà del nono decennio, mentre quello nella capitale fu venduto a Gabriele Stae nel 1792 (si veda ancora Puppi, 1968, p. 214).

La qualità brillante della stesura pittorica - ancora pienamente percepibile, nonostante il non perfetto stato di conservazione (già in data 7 ottobre 1954 i verbali della Commissione amministrativa del Museo rilevavano le precarie condizioni della tela, con cadute di pigmento) - e l’alto grado di luminosità cromatica, che tocca il diapason nel drappo su cui è adagiata la Verità, sono elementi che concorrono a datare intorno alla metà degli anni quaranta l’esecuzione del dipinto, spesso ancorato cronologicamente agli affreschi di Montecchio Maggiore. Un elemento esterno, finora trascurato, corrobora questa proposta: una fedele copia grafica del veronese Francesco Lorenzi (1723-1787), che sappiamo per certo aver frequentato la bottega di Tiepolo dal 1745 al 1750. Il disegno, che si conserva nel Museo di Castelvecchio a Verona (inv. 13149 2B617), riporta con sigle i colori dell’originale pittorico e va senza dubbio collocato all’inizio del soggiorno lagunare di Lorenzi poiché l’adesione al linguaggio tiepolesco vi appare ancora acerba e ingenua.

Un momento dell’attività di Giambattista, quello della metà del quinto decennio, che sembra particolarmente amato dai collezionisti vicentini se un altro avvocato, Angelo Vecchia, possedeva i modelletti per le due grandi tele con le storie di Antonio e Cleopatra, ora ad Arkangelskoye.

Bibliografia

Arslan, 1934, p. 10; Goering1, 1939, p. 154; Fasolo, 1940, p. 112 (Allegoria della Fama e del Tempo); Pallucchini1, in I capolavori…, 1946, p. 199, cat. 326; Pallucchini2, in I capolavori…, 1946, p. ***, cat. ***; Museo Civico…, 1949, p. 8 (Allegoria della Fama e del Tempo); Barbieri1, 1953, p. 209; Magagnato, in Barbieri-Cevese-Magagnato, 1953, p. 179 (Allegoria della Fama e del Tempo); Barbieri1, 1954, p. 14 (Allegoria della Fama e del Tempo); Barbieri-Magagnato, in Barbieri-Cevese-Magagnato, 1956, p. 179 (Allegoria della Fama e del Tempo); Soehner, in Europäisches Rokoko..., 1958, p. 98, cat. 195 (Trionfo della Verità); Valcanover, 1958, p. 257 (Trionfo della Verità); Barbieri1, 1962, pp. 237-238, n. A.341; Morassi, 1962, p. 64; Martini, 1964, tav. XII; Pallucchini A., 1968, p. 108, n. 148; Puppi, 1968, p. 213; Barioli, in Il Restauro a Vicenza…, 1972, p. 121, cat. 196; Rizzi, 1971, p. 71; Schiavo, 1975, p. 128; Ballarin An., 1982, p. 169; Menegozzo, 1990, pp. 52-54, 56; Schiavo2, 1990, pp. 334, 337, cat. 6.1; Gemin-Pedrocco, 1993, p. 363, n. 300; Barbieri, 1995, pp. 124-125; Bayer, in Giambattista Tiepolo…, 1996, pp. 148-149, n. 18; Banzato, 1997, p. 250; Banzato, in Carlo Cordellina…, 1997, pp.265-266, cat. 21; Schiavo, 1997, p. 244; Villa, in Da Paolo…, 2000, pp. 172-173, cat. 57; Pedrocco, in Da Tiziano…, 2002, pp. 188-189, n. 75; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, pp. 16-17.

Esposizioni

Venezia, 1946, p. 199, cat. 326; Monaco, 1958, p. 98, cat. 195; Vicenza, 1972, p. 121, cat. 196; Vicenza, 1990, p. 337, cat. 6.1; Venezia, 1996, pp. 148-149, cat. 18; Venezia, 2000, pp. 172-173, cat. 57; Torino, 2002, pp. 188-189, cat. 75.

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