Estasi di san Francesco

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AutoreGiambattista Piazzetta
Periodo(Venezia, 1683 - 1754)
SupportoTela, 379x188
InventarioA 105
Autore della schedaAdriano Mariuz

Originariamente collocata su un altare a sinistra nella chiesa vicentina dell’Aracoeli, la pala era posta in dialogo serrato con un’altra grandiosa opera che le stava dinnanzi, l’Immacolata di Giambattista Tiepolo (anch’essa attualmente conservata a Palazzo Chiericati, Inv. A 107). Rimossa dalla sua sede originaria, la tela di Piazzetta venne dapprima appesa nel coro della chiesa (1884), dove subì un pesante degrado e in seguito (1911) ricoverata e restaurata presso il Museo civico di Vicenza.

Si tratta di uno dei più grandi capolavori dell’artista veneziano capofila della corrente realistica, drammatica e chiaroscurale dei “tenebrosi”, nata in opposizione a quella luminosa dei “chiaristi”.

Piazzetta, dopo aver raggiunto con le opere del secondo decennio del Settecento una straordinaria carica drammatica e una notevole intensità espressiva, schiarisce la sua tavolozza creando nei dipinti degli anni Venti singolari effetti di luce e giochi di chiaroscuro. Ne è un esempio il dipinto del Museo vicentino, eseguito nel 1729, che raffigura una scena di forte impatto emotivo. Lo spettatore prova quasi un senso di vertigine seguendo il movimento zigzagante su cui è incentrata la composizione: il suo sguardo, partendo dalla figura di frate Leone, il biografo di san Francesco, e dall’immagine fortemente scorciata e potentemente illuminata del teschio, sale lungo il corpo sofferente del santo sorretto dall’angelo, per giungere allo squarcio di luce divina che illumina il cielo scuro. Il volto dolente di San Francesco è il fulcro di tutta l’opera. Il santo vive sul suo corpo le sofferenze del Crocifisso e il suo immedesimarsi nella figura di Cristo è indicato dalla croce formata dall’incontro del suo braccio con quello dell’angelo.

La tessitura cromatica dell’opera è incentrata su una ricca varietà di toni bruni rischiarati dalla luce, che raggiunge la massima intensità nel manto dell’angelo e nel panno con cui questi comprime la ferita sul costato del santo.

Provenienza

Vicenza, chiesa dell’Araceli, fino al 1910; dal 1911 in deposito al Museo; acquisto del Comune di Vicenza dalla parrocchia della chiesa dell’Araceli, 1933 (MCVi, Museo, Verbali, reg. n. 3, verbale della seduta del 1932, set. 26, in cui al punto 3 si legge: “La fabbriceria della chiesa d’Aracoeli nel 1910 concesse al Museo in deposito per anni 20 la pala di Giambattista Piazzetta rappresentante l’Estasi di san Francesco; scaduto il termine dei 20 anni ne chiede la restituzione, disposta a cedere l’opera al Museo qualora il Comune fosse disposto a contribuire con lire settantamila alla spesa per i restauri della chiesa e per l’erezione della casa canonica. La reale Sovrintendenza ai monumenti, nel proposito che il capolavoro restasse alla Pinacoteca, ottenne dal Municipio la promessa di un sussidio di lire ventimila e il podestà di Vicenza dichiarò di contribuire all’acquisto con l’aggiunta di lire diecimila alla somma promessa dal Ministero. La fabbriceria, trovando l’offerta troppo distante e inferiore alla sua richiesta, mostra di insistere nel proposito di rivendicazione dell’opera o per rimetterla sul suo altare o per venderla. Il presidente, considerato l’alto valore del dipinto e il prestigio ch’esso conferisce alla civica Pinacoteca, propone: 1. Di contribuire all’acquisto con la somma di lire diecimila […]; 2. Di chiedere al podestà un’udienza […] allo scopo di partecipargli la deliberazione al contributo di lire diecimila da parte del Museo e di vivamente sollecitarla alla desiderata definizione della pendenza. La commissione approva”; ASCVi, Comune di Vicenza, VIII, Museo, b. “Anni 1933-1935”, fasc. “1933”, contratto di compravendita del 1933, lug. 25, n. 10437/5004, tra il Comune di Vicenza e la parrocchia di Araceli: “premesso che con convenzione 17 febbraio 1911 […] il parroco di Araceli in Vicenza col concorso della fabbriceria della chiesa consegnava il quadro di Giovanni Battista Piazzetta rappresentante l’Estasi di san Francesco d’Assisi […] al Municipio di Vicenza in deposito per un periodo non inferiore a venti anni […] con la condizione che fosse restaurato […]; che caduto il termine massimo del deposito il parroco di Araceli chiedeva la restituzione del quadro […]; che le trattative con i rappresentanti della chiesa di Araceli si concretavano con la cessione al Comune del quadro verso il pagamento una volta tanto alla chiesa stessa della somma di lire 25.000; che in seguito a ciò […] il podestà ha deliberato di provvedere all’acquisto dalla chiesa parrocchiale di Araceli del dipinto l’Estasi di san Francesco d’Assisi […]”)

Restauri

1911, Franco Steffanoni; 2009, Francesca Faleschini

Inventari

1910-1912: 105 (110). Numerazione vecchia: nuovo acquisto; 105 catalogo 1912; 105 catalogo 1940; 105 inventario 1950. Provenienza: dalla chiesa di San Vito e Lucia in Santa Maria d’Ara Coeli; [deposito depennato]; acquisto Museo civico 1927; acquisto dal 1932 al 1939 per lire 25.000. Collocazione: sala dei settecentisti veneti. Forma e incorniciatura: pala centinata con cornice dorata. Dimensioni: alto 3.77, largo 1.87; catalogo 1912 1.87x3.77; catalogo 1940 1.87x3.75; inventario 1950 1.88x3.79. Materia e colore: tela ad olio. Conservazione e restauri: restaurato da F. Steffanoni 1911. Descrizione: San Francesco in estasi sostenuto da un angelo, in basso a sinistra un frate orante in alto due putti. Autore: Giambattista Piazzetta; catalogo 1912 Giambattista Piazzetta; catalogo 1940 Giambattista Piazzetta; inventario 1950 Giambattista Piazzetta. Iconografia: foto Alinari 45467; foto Anderson 25035.

Descrizione tecnica

La pala proviene dalla chiesa vicentina dell’Araceli, annessa al convento delle Clarisse, dove occupava l’altare sinistro, di fronte all’Immacolata di Giambattista Tiepolo, pure confluita nelle raccolte civiche (cat. 361 A 107). Una nota rinvenuta nei verbali delle sedute della Commissione amministrativa del Museo, attesta che ancora in data 26 settembre 1932 si discuteva sulle modalità per assicurare definitivamente il dipinto alla Pinacoteca cittadina, dal momento che la fabbriceria della chiesa nel 1910 aveva concesso il quadro in deposito soltanto per venti anni, ora scaduti.

Come ha chiarito Saccardo (1977), la targa metallica con l’iscrizione e la data 1732, cui gli studiosi avevano fatto riferimento per la cronologia del dipinto, è ottocentesca e riguarda comunque un altare diverso. Quello di San Francesco portava la seguente iscrizione, secondo la lettura di Faccioli: “SERAPHICO PATRI ADDIETISSIME, FILIA POSUIT / MDCCXXVIII”. Un’annotazione manoscritta dell’erudito vicentino Leonardo Trissino in un esemplare della Descrizione delle architetture, pitture e scolture di Vicenza (Buffetti,1779), rinvenuto dallo scrivente (1982) nella biblioteca della Fondazione Cini di Venezia, precisa che l’opera fu “dipinta l’anno 1729. Sonetto stampato in lode”. La stessa annotazione, come successivamente ha puntualizzato Saccardo (1985), si legge in un altro esemplare della citata Descrizione, pure postillato da Trissino, conservato alla Biblioteca Bertoliana di Vicenza.

La pala chiude pertanto la serie delle grandi opere chiesastiche che Piazzetta viene creando nel corso del terzo decennio e con le quali si afferma come un protagonista nell’ambiente artistico veneziano, contendendo il primato a Sebastiano Ricci. Proprio in questo caso, ha osservato Pallucchini (1956), egli elabora un’interpretazione di un tema barocco e quietista radicalmente antitetica a quella realizzata qualche anno prima da Ricci con l’Estasi di santa Teresa per la chiesa vicentina di San Girolamo degli Scalzi. È lo stesso Piazzetta che provoca al confronto, riecheggiando il dipinto del più anziano maestro nell’impostazione delle due figure principali. Ma, diversamente da Ricci, che evoca uno spettacolo leggiadro, tutto grazia e conforto di angelici sorrisi, ispirandosi per parte sua al celebre gruppo marmoreo di Bernini, Piazzetta presenta, fra misteriosi bagliori e vaporazioni sulfuree, una vesperale scena di passione, profondamente drammatica, di straordinario impatto visivo. All’ideazione dell’opera forse non è stata estranea la conoscenza dell’Estasi di san Francesco di Solimena, un dipinto d’intenso patetismo e di vivido risalto formale, allora in casa Widmann a Venezia (ora a Dresda, Staatliche Kunstsammlungen).

Dal basso verso l’alto, secondo un andamento zigzagante, sembra visualizzarsi un processo d’ascesi: dalla realistica calvizie di frate Leone, al “memento mori” del teschio, all’emaciata figura del santo, sorretto dall’angelo efebico, candido e appassionato, fino alla nube che divampa oltre la stecconata, avvolgendo l’apparizione soprannaturale. Ma la composizione propriamente s’impernia, s’incardina nel volto del santo, reclinato sul braccio del suo celeste soccorritore.

Combinando il tema dell’estasi con quello della stigmatizzazione, Piazzetta, come ha messo in rilievo Leslie Jones (1983), ha creato qualcosa di nuovo, di originale: una Pietà francescana: “nel momento del miracolo, Francesco non solo riceve le stigmate, ma è misticamente trasformato nel Cristo crocifisso”. L’immedesimazione del santo nel Crocifisso è chiaramente evidenziata - secondo un assunto di rigorosa interdipendenza fra struttura visiva e significato spirituale - dallo schema di croce formato dall’intersecarsi del suo braccio con quello dell’angelo.

Il battito arcano della luce esalta la tessitura cromatica, basata sul contrasto di toni caldi e freddi: bruni infuocati e grigi verdacei, con note di turchino e bianco argentato; e infonde alla scena, pur così meditata nella sua impostazione, un palpito di emotività quasi febbrile. A emblematico suggello dell’opera, fra le più ispirate di tutta la pittura sacra veneziana settecentesca, risalta il bellissimo particolare della mano dell’angelo, che comprime sul petto del santo un panno candido, imbevuto del sangue della mistica ferita.

Bibliografia

Cochin, 1758, col. 176 (ed. 1991, p. 391); Albrizzi, 1760, p. 4; Dezallier D’Argenville, 1762, p. 320; Buffetti, 1779, I, p. 3; Bertotti Scamozzi, 1780, p. 91; Il forestiere…, 1804, p. 90; [Pieriboni], 1842, p. 26; Rumor, 1884, p. 23; Ongaro, 1912, p. 54; Fogolari, 1913, pp. 222-227; Frizzoni, 1913, pp. 190-191; Rumor, 1914, pp. 133-134; Bortolan-Rumor, 1919, p. 152; Ravà, 1921, p. 17; Mostra…, 1922, p. 142, cat. 745; Zardo, 1923, p. 47, n. 105; De Mori, 1928, p. 109; Fiocco2, 1929, p. 52; Fiocco, 1932, p. 569; Peronato, 1933, pp. 70-71, 78; Arslan, 1934, pp. 10, 18; Pallucchini, 1934, pp. 29-30; Seymour de Ricci, in Exposition…, 1935, p. 159, cat. 360; Peronato, 1937, pp. 70-71, 78; Fasolo, 1940, pp. 116, 120; Pallucchini, 1942, p. 14; Pallucchini, in Cinque secoli…, 1945, p. 120, cat. 144; Pallucchini1, in I capolavori…, 1946, p. 184, cat. 300; Pallucchini2, in I capolavori…, 1946, p. 163, cat. 300; Pallucchini, in Trésors…, 1947, pp. 49, cat. 81; Museo Civico…, 1949, p. 8; Barbieri1, 1953, p. 209; Barbieri1, 1954, p. 14; Magagnato, in Barbieri-Cevese-Magagnato, 1953, pp. 178-179; Arslan, 1956, p. 3; Barbieri-Magagnato, in Barbieri-Cevese-Magagnato, 1956, p. 179; Pallucchini, 1956, pp. 26-27; Donzelli, 1957, p. 188; Barbieri1, 1962, pp. 181-184 (con bibl. prec.); Martini, 1964, p. 58; Barioli, in Il Restauro a Vicenza…, 1972, p.126; Saccardo, 1977, p. 12; Ruggeri, 1979, pp. 79-80; Jones, 1981, I, pp. 100-101; II, pp. 218-222, n. 72; Saccardo, 1981, p. 656; Ballarin An., 1982, p. 173; Mariuz, 1982, pp. 86-87, n. 49; Ruggeri, 1983, p. 49; Ruggeri, in Giambattista Piazzetta…, 1983, p. 89, cat. 26; Knox, 1985, p. 124; Saccardo, 1985, p. 52; Rigon, 1989, p. 150; Mariuz, in I Tiepolo…, 1990, p. 93, cat. 2.14; Knox, 1992, pp. 107, 121, 126; Binion, 1994, p. 153; Giacometti, in La gloria…, 1994, p. 476, cat. 75; Barbieri, 1995, pp. 113-114; Binion, 1995, p. 193; Pallucchini, 1995, pp. 306-307; Whistler, 1996, pp. 194, 196; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, pp. 12-13.

Esposizioni

Firenze, 1922, p. 142, cat. 745; Parigi, 1935, p. 159, cat. 360; Venezia, 1945, p. 120, cat. 144; Venezia1, 1946, p. 184, cat. 300; Venezia2, 1946, p. 163, cat. 300; Losanna, 1947, pp. 93-94, cat. 81; Venezia, 1983, p. 89, cat. 26; Vicenza, 1990, p. 93, cat. 2.14; Londra, 1994, p. 476, cat. 75.

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