Glorificazione del podestà Vincenzo Dolfin

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AutoreGiulio Carpioni
Periodo(Venezia? 1613 circa - Vicenza 1678)
SupportoTela, 320x495
InventarioA 330
Autore della schedaRoberto Pancheri

L’opera, collocata un tempo insieme ai lunettoni di Francesco Maffei e di Jacopo Bassano nella sala del Consiglio del Palazzo del Podestà di Vicenza, risale al 1647.

Si tratta della prima delle due grandi tele (la seconda raffigura la Glorificazione del podestà Girolamo Bragadin, Inv. A 328) dipinte da Giulio Carpioni per il Palazzo podestarile vicentino. Con questi dipinti l’artista si pone in competizione diretta con Maffei, affrontando però una tematica a lui poco congeniale, lontana dal suo repertorio più caratteristico.

La scena, particolarmente affollata, vede ritratto il podestà Vincenzo Dolfin che induce due eleganti figure femminili, rappresentanti la Pace e la Città, a stringersi la mano in segno di pacificazione. La riconciliazione delle due donne avviene al cospetto di un vecchio coronato, con lo scettro, il cappello cardinalizio e il corno dogale veneziano simbolo del potere politico e religioso e alla presenza delle personificazioni della Giustizia, che regge una bilancia, dell’Eternità e della Discordia, sconfitta e perciò riversa al suolo. La Fama, che si libra in cielo al fianco della Fortuna (la figura calva sulla destra) spiegando le sue grandi ali, scaccia al suono della tromba i vizi e domina una figura maschile con la stella sul capo e riversa ai suoi piedi che allude al Destino malvagio.

La rapidissima pennellata di Maffei qui è sostituita dal prevalere di stesure cromatiche serrate in un disegno incisivo, indubbiamente più freddo e privo di toni mistici” (Villa).

Cartellini

su carta bianca, a stampa con inchiostro nero Inv. A 330.

Provenienza

Vicenza, Palazzo del podestà, 1831; Vicenza, Basilica palladiana; al Museo dal 1910, (ASCVi, Comune di Vicenza, VIII, Museo, b. 13 “anni 1910-1911”, fasc. “1911”, lettera del 1910, dic. 1, con cui Gino Fogolari, soprintendente per le Gallerie e i Musei d’arte moderna del Veneto, comunica al Municipio di Vicenza che gli “è stato graditissimo vedere già così ben avviato il riordinamento e l’esposizione in buona luce e in locali signorilmente arredati dei preziosi dipinti del Museo civico e che già parecchie sale potranno fra breve essere riaperte all’ammirazione del pubblico”, esprime il desiderio “che si cercasse di mettere in ordine, quanto prima fosse possibile, anche il gran salone di entrata, di modo che i visitatori fossero subito introdotti a vedere l’ordine e la bellezza della nuova esposizione”, loda inoltre “il proposito della direzione di mettere in quel vasto ambiente i lunettoni con ritratti dei podestà di Vicenza tra figure allegoriche e vedute della città del Carpioni, del Maganza e del Maffei che hanno notevole importanza storica e un bellissimo effetto decorativo”, sottolinea infine che si deve provvedere a “foderare quelle vaste tele, lasciate tanti anni quasi in abbandono nel salone della Basilica”, sostenendo la spesa “circa di 2000 lire”; segue verbale del 1911, ott. 3, redatto da Gino Fogolari, soprintendente, con cui attesta che il restauro effettuato da Franco Steffanoni di Bergamo è stato eseguito a regola d’arte; “Museo civico di Vicenza. Bollettino trimestrale”, fasc. II, aprile-giugno 1910, p. 4: “Doni pervenuti al Museo dal 1 gennaio al 31 marzo 1910; […] dal Municipio di Vicenza vennero pure consegnate al Museo: […] cinque grandi lunette dipinte dal Maffei e dal Carpioni, coi ritratti dei Rettori di Vicenza, trasportate dalla Basilica”)

Restauri

2007, Maria Beatrice Girotto

Inventari

1831: 163. Sala da ridursi presso la scala. Carpioni Giulio 1647. Dolfin Vincenzo podestà unisce con la mano la Pace e la città, in aria la Fama etc. Comunali, vedi Descrizione delle pitture di Vicenza 1779 per Mosca; 1910-1912: 330 (323, 315). Numerazione vecchia: 330 catalogo 1912; 330 catalogo 1940; 330 inventario 1950. Provenienza: dalla Basilica e prima dal palazzo del podestà. Collocazione: salone. Forma e incorniciatura: lunetta. Dimensioni: catalogo 1912, catalogo 1940 3.28x4.53; inventario 1950 3.20x4.95. Materia e colore: tela. Descrizione: inventario 1950 Il podestà Vincenzo Dolfin unisce la Pace e la città e allegorie varie; 1940 Vincenzo Dolfin fu podestà di Vicenza nel 1653. Autore: Giulio Carpioni; catalogo 1912 Giulio Carpioni; catalogo 1940 Giulio Carpioni; inventario 1950 Giulio Carpioni, W. Arslan 1956, p. 17 (vedi scheda n. 102).

Descrizione tecnica

Marco Boschini per primo segnala il dipinto nel palazzo del podestà nella “Sala, ove si fà il Consiglio” e ne specifica la data di esecuzione al 1647. Si tratta dunque della prima opera di Carpioni che presenti un sicuro ancoraggio cronologico e nel contempo la prima grande commissione pubblica ricevuta dall’artista: la lunetta doveva infatti fare serie con due ritratti allegorici già realizzati per la stessa sede da Jacopo Bassano e da Francesco Maffei.

Sul preciso significato iconografico della lunetta nessun autore moderno si è soffermato, a eccezione di Garofolin e Ballarin An, che però sono incorse in vistosi equivoci. Secondo la lettura fornita da Boschini, il podestà “unisce con le mani in segno di quiete la Pace, e la Città”, mentre poco discosto si nota “un Vecchio Venerando, che tiene un Scetro, e Corona regale in capo, & un capello Cardinalicio appoggiato alla sua Arma”. Nella parte destra della composizione si libra in volo “la Fama buona, che suona Tromba, al qual suono fuggono molti Vizij”. Altre figure allegoriche affollano la scena: l’unione tra la città e la Pace ha atterrato la Discordia anguicrinita, riconoscibile grazie all’attributo del mantice; tra il podestà e la Pace si affaccia l’Eternità: fu probabilmente quest’ultima figura a indurre in errore Arslan, che scambiò la personificazione di Vicenza con la Vita. Il vecchio venerabile, vestito unicamente di un serico manto giallo-oro, regge nella sinistra il corno dogale veneziano. È affiancato da una figura femminile di profilo, pure coronata, che con la destra regge una bilancia: la pacificazione di Vicenza avviene dunque sotto gli auspici della Giustizia e del potere politico e religioso. All’estremità destra i vizi in fuga - tra i quali fa capolino anche un putto acciuffato per i capelli dalla donna reggente la fiaccola - sono sovrastati dalla figura calva della Fortuna e da un personaggio maschile riverso recante in capo una stella, identificabile forse con il Destino malvagio. Un putto alato con un dardo, in forma di statuetta marmorea, rappresenta l’Amore armato, mentre un suo omologo a finto rilievo regge all’estrema sinistra della lunetta l’arme parlante dei Dolfin (tre delfini d’oro in campo azzurro). Notevole la figura della Fama, ignuda sino all’inguine e dalla poderosa apertura alare: le sue movenze zigzaganti, con il ginocchio destro avanzato, possono essere state suggerite al pittore dalla Fama incisa da Giacomo Franco per i Principi del Disegno di Palma il Giovane (Bartsch, 1854-1870, XVI, cat. 18), mentre l’intera postura ricorda l’analoga figura alata dipinta da Guercino nella volta superiore del Casino Ludovisi a Roma.

Echi post-caravaggeschi - già evidenziati da Barbieri - si colgono nel ‘grande nero’ della tenda che sovrasta il podestà e nel ‘lustro’ dell’elmo indossato dalla personificazione della città, come pure nell’incarnato rossastro dei vizi.

Barbieri condannava l’esito del dipinto come “inutile e fredda retorica”, mentre Andreina Ballarin lamentava la mancanza di omogeneità tra le diverse parti, imputandola alla natura del tema, poco congeniale allo stile del pittore. Per Pallucchini l’artista si adeguò alle soluzioni compositive e chiaroscurali adottate nel 1644 da Maffei nella Glorificazione del podestà Gaspare Zane.

Al pari delle altre lunette di Carpioni e Maffei, il dipinto venne trasferito dal Municipio al Museo tra il gennaio e il marzo del 1910 (Vignola, 1910).

Bibliografia

Boschini, 1677, p. 21; Bertotti Scamozzi, 1761, p. 19; Buffetti, 1779, II, pp. 11-12; Bertotti Scamozzi, 1780, p. 16; Berti, 1822, p. 24; Berti, 1830, p. 24; Lanzi, 1838, VII, p. 93; Zannandreis, 1891, p. 279; Vignola, 1910, p. 48; Ongaro, 1912, p. 107; Fioccox, 1929, p. 35; Bertini, 1931, p. 144; Peronato, 1933, p. 74; Arslan, 1934, p. 27; Fasolo, 1940, p. 181; Arslan, 1946, p. 42; Museo…, 1949, p. 8; Barbieri-Cevese-Magagnato, 1953, p. 179; Barbieri1, 1954, p. 177; Sambo, 1955-1956, pp. 20-23; Arslan, 1956, pp. 16-17; Pilo, 1959, p. 79; Muraro, 1960-1961, p. 70 (Francesco Maffei); Pilo1, 1961, pp. 17, 67, 78, ill. 12, 15; Barbieri1, 1962, pp. 55-57; Barbieri2, 1962, p. 207; Barioli, in Il Restauro a Vicenza…, 1972, p. 92, n. 140; Garofolin, 1974-1975, pp. 51-56, ill. 7; Barbieri1, 1977, p. 610; Pallucchini, 1981, I, p. 208, II, ill. 660; Ballarin An., 1982, pp. 184-185; Barbieri, 1995, p. 100; Binotto, 2000, pp. 273, 275, ill. 336; Morello, 2002, p. 19; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, pp. 30-31, 38.

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