A B S

Ricerca opere

AutoreRiccardo Licata
Periodo1965
SupportoAcrilico su tela, 115,5x76,5 cm
InventarioA 1328
Autore della schedaElisa Prete

Realizzato nel 1965, il dipinto testimonia l’evoluzione dell’impianto compositivo e la progressiva riduzione e stilizzazione degli elementi che nel corso del decennio si evidenziano nella produzione di Licata. L’artista, giunto a Venezia nel secondo dopoguerra, aveva frequentato il Liceo artistico su incoraggiamento di Giuseppe Mazzariol e si era iscritto all’Accademia di Belle Arti, seguendo i corsi di pittura di Saetti e specializzandosi in mosaico dopo il diploma. Nel panorama veneziano degli anni cinquanta, quasi interamente legato alle tendenze figurative, la direzione intrapresa dal giovane Licata si distingue per la netta e precoce adesione al linguaggio astratto e informale; ne sono esempio le opere esposte alle collettive Bevilacqua, cui partecipa con regolarità dal 1950, tenendo in questa sede la sua prima personale (1951) e ricevendo numerosi riconoscimenti (tra questi, il primo premio per l’incisione nel 1953 e il primo premio ex aequo per la pittura nel 1956). Sensibile alle ricerche degli Spazialisti – che a Venezia si raccolgono intorno alla Galleria del Cavallino, elaborando una risposta originale alle soluzioni del versante milanese – l’artista condivide le problematiche dell’astrazione con i giovani pittori Finzi, Tancredi, Rampin, Blenner e lo scultore Zennaro. Nel 1960, per iniziativa di Pietro Zampetti e Guido Perocco, è invitato a partecipare alla mostra Sette pittori d’oggi (Barbaro, Borsato, Paolucci, Gambino, Gianquinto, Licata, Magnolato) presso l’Ala Napoleonica: il percorso espositivo intendeva presentare, in una sorta di contraltare polemico ai linguaggi informali premiati alla Biennale, i dipinti figurativi di alcuni artisti operanti a Venezia ad ec- cezione di Licata, unico rappresentante delle tendenze astratte. La libertà nell’articolazione dei tracciati lineari, che nelle affastellate composizioni degli esordi si avvicinava alla gestualità nervosa dell’informale segnico (Intreccio, 1953), sul finire degli anni cinquanta si piega verso una maggiore attenzione all’organizzazione spaziale della superficie; si definiscono parallelamente grandi forme composite, risultato dell’accostamento di volumi geometrici e masse cromatiche, che si stagliano sullo sfondo diventandone protagonisti assoluti (Il giudice, 1962). I quattro registri nei quali è suddivisa la composizione in esame vengono frazionati al loro interno, attraverso un ulteriore inquadramento e una diversa partizione cromatica; vi sono inseriti ideogrammi complessi, che evocano grafie antiche, motivi e suggestioni che l’artista deriva e rielabora dal confronto diretto con civiltà e culture lontane: “Nel 1963 un viaggio in Egitto e nel Medio Oriente mi riportò ad una iconoclastia influenzata dalla riscoperta in loco delle civiltà e scritture egizie ed arabe, e la visione di quei paesaggi, architettura-natura-atmosfera-luce-colore, e la conoscenza di quei popoli e della loro arte e poesia mi portò ad una nuova possibilità di utilizzare il segno, la scrittura, la grafia, il ritmo” (Li- cata, 1993, p. 29).

Iscrizioni

firmato e datato in basso a destra 65 / LICATA. Sul retro, cartellino della mostra Le mostre trissinesi e il collezionismo vicentino; timbro della Galleria d’Arte L’incontro, Vicenza

Provenienza

Galleria d’Arte L’incontro, Vicenza

Bibliografia

[Licata], 1970, ill. s.p.; T. Toniato, in Di Martino, Toniato, 1982, pp. 160, 259, ill. p. 160; Le mostre trissinesi..., 2011, ill. p. 44.

Esposizioni

Parigi, 1966; Vicenza, 1970; Trissino, 2011.