Madonna con il Bambino tra i santi Girolamo e Antonio abate
Autore | Moderno |
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Periodo | fine del secolo XV - prima meta del secolo XVI |
Supporto | Placchetta fusa in ottone e dorata; esemplare di qualità media tratto da un prototipo sagomato largo circa 58 mm; bordo liscio e più basso del campo, predisposto per la montatura; 115,1x69,5 mm (I 10x64,5 mm) |
Inventario | AP I 37 |
Autore della scheda | Walter Cupperi |
La Madonna si prepara ad allattare il Bambino, che siede sul ginocchio sinistro della madre e tende le braccia al seno. Assisa su di un trono decorato da figure di putti e sistemato sul lato destro di una nicchia, Maria porta la mano destra al petto e posa il gomito sinistro sopra un bracciolo per sostenere il figlio. La nicchia, coronata da una conchiglia e attraversata per tutta la sua larghezza da una cornice ad astragali, è incassata tra semicolonne pseudocorinzie, i cui fusti sono scanalati in basso, fasciati da un collarino in alto e spartiti a metà altezza da un anello ad ovuli e dardi e da un fregio con una teoria di putti. Il piano di posa della nicchia è costituito da un plinto modanato; lo decora un fregio a grottesche formate da busti mostruosi le cui doppie code terminano in girali d'acanto. Sullo spigolo del plinto siedono simmetricamente due cherubini con un liuto; a sinistra, sant'Antonio abate - riconoscibile dalla lunga barba, dall'aureola, dal saio e dal bastone - contempla la scena, seminascosto dalla colonna. A pendant sulla destra, san Girolamo, barbato e accompagnato dal leone, medita leggendo un libro. La trabeazione, che presenta in alto una modanatura ad ovuli e dardi, è decorata da un fregio a rosette inscritte entro tondi, e reca al centro un clipeo laureato con il Bambino stante. Il frontone semicircolare raffigura una Resurrezione in cui Cristo, nimbato e paludato, emerge con il labaro da un sarcofago a festoni attorniato da soldati dormienti. Il timpano, coronato da un serafino, è decorato da modiglioni fitomorfi a rosette e sostiene quattro putti. Questi, i primi due seduti, gli altri due in piedi dietro la lunetta, tendono davanti al fregio un festone da cui pende un'enorme gemma paradisiaca dalla montatura quadriloba.
Quattro esemplari della versione profilata di questo rilievo presentano un'epigrafe che ne designa l'autore con lo pseudonimo "Moderno" (HOC. OPVS · MO/DER- NI/ C • C •: Washington, coll. Kress; [...] OPVS. MO/DERNI: Londra, Wallace Collection; HOC HOPVS MODERNI: Londra, Victoria and Albert Museum; HOC OPVS MODERNI: esemplare già nella coll. His de la Salle). Un quinto esemplare, già nella collezione Higgins (Christie's, 1904, cat. 47), poi passato a quella Garnier (Hotel Drouot, 1916, p. 95, cat. 520, 110x60 mm) ed oggi smarrito, recherebbe invece l'iscrizione HOC. OPVS. MONDE- La. ADER. AVRIFEX. MCCCCXC. Wilhelm von Bode, emendando ADER in VER(onensis), propose di risolvere il rapporto tra le due diverse indicazioni autoriali fornite da queste cinque repliche identificando Moderno con l'orafo veronese Galeazzo Mondella; quest'ultimo, attivo dal 1485 e morto nel 1528, è ricordato da Giorgio Vasari perchè, "oltre all'intagliar gioie, disegno benissimo" e fu maestro di Matteo del Nassaro (ed. 1966- 1987, IV, 1976, pp. 624). La spiegazione di Bode, basata su di una localizzazione veneta accettabile solo entro lo stato degli studi all'inizio del secolo XX, è stata spesso accolta dalla bibliografia successiva (si veda da ultimo Lewis, 1989) nonostante le riserve espresse in tal senso, tra gli altri, da Pope Hennessy (1965); è invece caduta la proposta di ravvisare il Mondella nel monogrammista "ST GM", autore di una placchetta con Settimio Severo che fa decapitare il corpo di Albino (Molinier, 1886, II, p. 15, cat. 346, p. 209).
L'ipotesi di Bode lascia però aperti diversi problemi. Innanzitutto alcuni disegni del Louvre, attribuiti alla "mano di Galeazzo Mondella Veronese" da un'annotazione in cake ai fogli (Rognini, 1973- 1974, ill. 2-3 fuori testo), paiono di stile sensibilmente diverso rispetto ai rilievi del Moderno; in secondo luogo, ammesso che l'iscrizione della perduta placchetta Higgins fosse ben leggibile e non sia stata travisata, essa potrebbe essere comunque seriore rispetto alla fusione, giacchè realizzata per incisione. A ben vedere, a fronte dei numerosissimi esemplari anepigrafi conservati i quattro 'firmati' sono tutti iscritti uno a uno al termine della rifinitura: perché Moderno, a dispetto di un maggiore dispendio di tempo, avrebbe dovuto demarcare gli esemplari singolarmente, incidendo iscrizioni diverse tra loro e dagli esiti meno eleganti e regolari? Perchè inoltre tutte le versioni del testo si riferiscono con un deittico (HOC) ad un singolo pezzo, mentre le altre opere del Moderno si limitano al dettato O(P) •MODERNJ? Allo stato attuale delle ricerche si può solo supporre che tali iscrizioni indichino il responsabile della finitura di ciascun esemplare o della fusione di una replica - ipotesi sostenibile anche in ragione dell'alto numero di esemplari sopravvissuti, e già avanzata da Banzato in relazione all'esemplare firmato "MONDELA", possibile "fusione successiva" (Banzato, 1989, p. 59). Per questo motivo la data fornita dall'esemplare Higgins non può essere considerata che un ante quem per la realizzaa: ione del tipo.
In effetti, lo stile dei panneggi conserva caratteri tardo-quattrocenteschi collocabili tra Butinone e Zenale, e si apparenta al San Sebastiano (Molinier, 1886, I, p. 13·6, cat. 182), che econsiderato in genere un'opera giovanile del Moderno. A tale proposito si noti anche la vicinanza fisionomica tra il San Paolo eremita del Duomo di Milano, variamente datato tra il 1450 e il 1470 (Cinotti, 1969, p. 114, ill. 7), e il nostro Sant'Antonio, che di quella fase stilistica appare uno sviluppo alquanto piu tardo. La decorazione delle colonne e le proporzioni della trabeazione ricordano invece quelle del portale di Santa Maria delle Grazie a Milano, opera commissionata nel 1489 a Benedetto Briosco e Tommaso Cazzaniga.
La scena, che accosta due santi eremiti in una Sacra conversazione contemplativa e paradisiaca (anche per la profusione di angeli e l'uso del ricco ordine composito, in cui le decorazioni sono gerarchizzate ascensionalmente ), presenta una chiara focalizzazione sull'Incarnazione salvifica di Cristo, al cui trionfo alludono i festoni, le attivita festose dei cherubini e la Resurrezione.
Un esemplare montato come pace, già appartenuto alla collezione Weinzhaimer (Mi.inzhandlung Basel, 1934, p. 66, cat. 439, ill. 14) reca nella lunetta un cappello cardinalizio e un'iscrizione trascritta con qualche incertezza come MANTVE. Un'altra placchetta così montata si conserva al Victoria and Albert Museum.
Provenienza
registrato dal 1997
Inventari
1997: 35. Moderno (Galeazzo Mondella, detto il ?), (Verona?, 1467-1528). La Madonna con il Bambino tra i santi Girolamo e Antonio Abate. Inv. Pl. 69. Mm 115x69. Bronzo dorato; replica della placchetta precedente di formato rettangolare e non ritagliata; l'assottigliamento della parte esterna del bordo può far pensare ad un suo originario inserimento in un altare o nella portella di un tabernacolo; non mi sono noti altri esemplari analoghi; ritengo comunque si tratti di redazione successiva.
Bibliografia
(cat. 242): Molinier, 1886, I, p. 118, cat. 161; Bode, 1904, p. 63, cat. 731; Migeon, 1904, p. 317, cat. 410 (con iscrizione al rovescio HOC[...] MO); Migeon, 1908, p. 19, cat. II; Bange, 1922, p. 61, cat. 443 (esemplare molto buono, 117x69 mm); Madagan, 1924, p. 28, cat.A425-1910, 4441-1857; Mann, 1931 (ed. 1981), p. 111, cat. S302 (firmato)-S303; Middeldorf-Goetz, 1944, p. 32, cat. 222-223 (in argento, profilati); Pope Hennessy, 1965, p. 42, cat. 133 (esemplare ottimo, 111x66 mm); Rossi, 1974, p. 218, cat. 69; Varese, in Placchette e bronzi, 1975, p. 34, cat. 16; Banzato, in Banzato-Pellegrini, 1989, p. 58, cat. 30; Lewis, 1989, p. 115, ill. 12; Toderi-Vannel Toderi, 1996, p. 89, cat. 155-156; Banzato, in Placchette, bronzetti..., 1997, p. 65, cat. 35;Jestaz, 1997, p. 56, cat. 30. Parigi, Musee de Cluny.
Esposizioni
Vicenza, 1997, p. 65, cat. 35; Caltanissetta, 2000, p. 65, cat. 35.