Omaggio a Caravaggio - La vocazione di san Matteo

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AutoreGianfranco Ferroni (Livorno 1927 - Bergamo 2001)
Periodo1993
SupportoLitografia su zinco, 3 colori, 262x268 mm, prova d’artista di stato unico
InventarioB 3195
Autore della schedaGiovanni C.F. Villa

La litografia fu eseguita in unico stato di cento esemplari – oltre a venticinque in numeri romani e quattro prove d’artista di cui due colorate a mano, stampati da Cesare Linati a Milano – come parte della cartella Omaggio a Caravaggio, ove s’accompagnava a opere di Floriano Bodini, Piero Guccione, Pepi Merisio e Giancarlo Vitali. Un lavoro lucidamente narrato dalla penna di Marco Vallora, nello scritto introduttivo: “Mentre Ferroni, il Magister Pulviscolaris, della Vocazione di san Matteo, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, non isola che la luce, quella luce sacra ed infeltrita, che viene a bussare alla putrida atmosfera da taverna di quei mezzani, venduti al suono promiscuo delle monete e ai lerci affari di bottega. È la luce che chiama, che redime, che assolve: che anche in questo caso cancella tutto quanto sta intorno al Santo, la vita, i bisbigli delle miserie e delle psicologie in contrasto, le gale e le piume ribalde, i velluti operati e le protervie d’osteria. Il Santo rimane come isolato dal prodigio della luce, il corpo disfatto, la fisionomia del viso scalfita dal vuoto: la grande barba da profeta imperlata di magistrali virtuosità tecniche, di ‘barbe’ faustiane. Vocato, Matteo indica se stesso, come sorpreso. Un silenzio misterioso l’avvolge. La luce di Rembrandt tocca la finestra e l’infiamma d’una bianca fede, che trapassa le pareti. C’è come un fiotto di vita immateriale, che attraversa il quadrato della stanza e l’accende di vita improvvisa. La prigione dell’ignoranza s’è dischiusa. Ancora una volta, come Vermeer, Ferroni non ha raccontato altro che il romanzo passeggero d’un flusso sofferente di luce” (Vallora 1993). Un racconto dalla complessa elaborazione formale, se già nel 1991 Ferroni componeva Omaggio a Caravaggio (La vocazione di san Matteo) a matite su cartoncino (375x400 mm, collezione privata. Immagine in Gianfranco Ferroni..., 2007, p. 140), un disegno che analizza con acribia i tagli di luce che giungono da sinistra, incrociando i raggi dalla finestra. Un foglio dominato dalla completa assenza di vita, tutto registrato sulle diagonali cromatiche generate da una luce che non prevede mai ombre assolute e fece scrivere a Mina Gregori: “L’eliminazione di Cristo e di Matteo non lo esime dal dirigere significativamente e sinteticamente la luce partendo dalla parete dove si apre la porta dalla quale è entrato il Cristo per trovare un’altra accensione là dove sedeva il gabelliere. Non si tratta dunque di un mero esercizio formale su uno dei grandi testi del luminismo caravaggesco, perché è certo che all’assenza-presenza dei protagonisti Ferroni ha consegnato quei suoi interro- gativi che cercavano risposta” (Gregori, 2003, p. 13). In un lavoro ulteriormente rielaborato nel 1998 in una tecnica mista su carta, poi applicata su tavola, ancora titolata Omaggio a Caravaggio (37,5x35,5 cm. Edita in Gianfranco Ferroni..., 2015, p. 30). Si tratta di una delle più alte riflessioni di Ferroni sul tema della luce, come ampiamente annotato dalla critica: “Sovrana è la luce. Questa è la grande conquista che pone Ferroni diverso, nuovo, e potente creatore, non solo entro la sua generazione, ma in tutta la seconda parte del Novecento italiano. È una luce nitida, cristallina, ma priva di fisicità; fantastica, senza fonte precisa di origine, invade lo spazio, a volte come impalpabile nebbia, a volte come irradiata a zone; crea a volte gli oggetti contornandoli e fornendo loro volume, a volte li penetra, li trapassa, li inibisce. È luce del vero e luce dello spirito, in una stretta fusione. Impressiona vedere come arrivi da lontano, fin dal Caravaggio, da quella taverna dove avviene la Vocazione di san Matteo, ma da cui sono scomparsi tutti i personaggi e permane forse solo l’aura del gesto divino; o ancor più in là, fin da quella piccola stanza dietro la Madonna di Sinigallia di Piero, dove si fa pulviscolo luminoso irradiato dalla finestra al muro. Ed è proprio con la luce, usandola come se fosse nobile materia connaturata al colore, che egli riesce a creare, come mi è accaduto di dire, una condizione vermeeriana. Nell’opera di Ferroni la luce è diventata protagonista; ha invaso il campo del colore, non eliminandolo, naturalmente, poiché non si dà pittura senza colore, ma modificandolo, attenuandolo, togliendogli il grido, il timbro, e intridendolo di silenzio, di fusione, di sussurro tonale; lo ha incorporato”. (R. Tassi, in Recanati, 1997, p. 314).

Iscrizioni

in basso a sinistra p.a., firmata e da- tata in basso a destra ferroni 93

Provenienza

sconosciuta

Bibliografia

Gianfranco Ferroni..., 1999, p. 66; Gianfranco Ferroni..., 2003, p. 45; Gianfranco Ferroni..., 2006, p. 152; Sgarbi, 2007, p. XIV; Farinella, 2015, pp. 44-47; Natali, 2015, p. 11.