Nozze di Cana

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AutoreLeandro Dal Ponte, detto Bassano
Periodo(Bassano del Grappa 1557 - Venezia 1622)
SupportoTela, 150x205,5
InventarioA 337
Autore della schedaLuisa Attardi

Il giovane Leandro Bassano dipinse questa tela tra il 1579 e il 1582, facendo così il suo esordio come pittore autonomo all’interno della bottega paterna e manifestando una personalità ben distinta da quella del fratello maggiore Francesco. Dopo un lungo periodo di apprendistato durante il quale aveva imparato a “lumeggiare”, cioè a dare luce alle opere ideate dal padre, Leandro ebbe quindi modo di dar prova della sua abilità nell’arte pittorica, riprendendo tuttavia, in questo dipinto, motivi, tipologie e particolari propri del linguaggio di Jacopo e di Francesco.

L’artista, in questa tela, rappresenta l’episodio sacro come se fosse un’animata e colorita scena di vita cinquecentesca. Solo Cristo e la Madonna, infatti, indossano vesti bibliche, tutti gli altri personaggi, colti in pose naturali e in atteggiamenti quotidiani, portano invece gli abiti tipici della moda del tempo del pittore.

La spazialità ampia del dipinto, l’impaginazione ricca della scena e la descrizione precisa dei particolari del racconto evangelico, sono espressione di quello stile narrativo, che costituisce il tratto distintivo della pittura di Leandro. Il pennello dell’artista indugia nella definizione analitica di tutti i dettagli della composizione: i cesti di frutta, i contenitori di paglia, gli strumenti musicali, i vasi in metallo e in terracotta e le varie pietanze della tavola imbandita.

Il rosso tendaggio in alto in primo piano costituisce una sorta di sipario, oltre il quale la scena si apre su un profondo e buio fondale paesaggistico, rischiarato da una luce fredda e brillante.

Cartellini

s.d.1 N. 5/ Leandro da Ponte - Nozze di Canaa; 1946 N. 24895; 1949-1950 N. 337/ Leandro da Ponte/ Cena di Canaa/ Tela 158x203; 1954 N. 6836

Provenienza

legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1826

Inventari

1826: 31. Camera a mattina sopra il Corso. Cena in casa di Marta. Bassano. Lire 140; 1831: 54. Ragionateria. Bassano. Cena in casa di Marta. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 31; [post1834]: 185. Bassano. Cena in casa di Marta, 116; 1854: 116. 1.60. 2.12. Bassano. Cena in casa di Marta; [1873]: Sala, parete che dà ingresso alla stanza dei quadri di paese e di animali, 32 (31). Bassano Leandro, nato 1558, morto 1623. Nozze di Cana; 1873a: c. 1, 32. Leandro da Ponte. Le nozze di Cana; 1902: c. 41, 189 (178). 180. Nozze di Canaa. Tela ad olio. Alto 1.50, largo 2.00. Officina da Ponte [corretto su Leandro da Ponte]. Guasto. Deperita. Legato contessa Carolina da Porto; 1907: c. 20, 180 (178). Officina Da Ponte. Nozze di Canaa. Tela, 1.50x2.00. Legato contessa Carolina da Porto; 1908: 178 (355, 337). Scuola da Ponte. Nozze di Cana (tela, 1.50x2.00). Nel 1908 si trova nella seconda stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava in sala al n. 32 coll’attribuzione a Leandro da Ponte. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 porta il n. 77 in sala colle indicazioni: Bassano Francesco, Cena in casa di Marta. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 116 e le indicazioni: Francesco Bassano, Cena in casa di Marta, 1.60x2.12. Pervenne alla Pinacoteca nel 1826 per legato Paolina Porto Godi col n. 31 e le indicazioni: Francesco Bassano, Cena in casa di Marta. Vedi Alvise da Friso: Nozze di Cana?; 1910-1912: 337. Numerazione vecchia: 178 numerazione Commissione d’inchiesta 1908; 189 catalogo 1902; 32 catalogo 1873; 77 Magrini catalogo a stampa 1855; 116 inventario di consegna 1854; 337 catalogo 1912; 31 n. del legato; 337 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala III dei vicentini. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: 1.50x2.00; catalogo 1940 1.50x2.05; inventario 1950 1.58x2.03. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Cena in casa di Marta; Nozze di Canan. Autore: scuola dei Bassano; officina dei Da Ponte; catalogo 1940 Leandro Da Ponte; inventario 1950 Leandro Da Ponte?

Descrizione tecnica

Il nome di Leandro Bassano, a precisare una generica precedente attribuzione del dipinto al Bassano e in alternativa alla proposta di Francesco avanzata dal Magrini (1855), compare per la prima volta nell’inventario del 1873. Ed è quanto pensa Arslan (1960) anche per l’inconfondibile “inclinazione cromatica di Leandro”; che si presenta qui agli esordi della sua attività autonoma all’interno della bottega, dopo la partenza di Francesco per Venezia, e risente del linguaggio pittorico di Jacopo degli anni settanta. Lo studioso ritiene che l’invenzione possa risalire a Francesco, ed è al fratello più anziano che assegna infatti l’analogo dipinto conservato a Parigi (Musée du Louvre, inv. 431: Habert, in Bassano et…, 1998, pp. 84-85: giustamente assegnato a Leandro), seguendo il parere di Venturi² (1929, p. 1282).

Le due opere sono dipendenti l’una dall’altra non solo per identità di composizione, ma anche per identità di mano, e si collegano alla versione del tema incisa da Pietro Monaco come opera di Jacopo, che aggiunge in primo piano tre angioletti musicanti (Pan, in Jacopo Bassano e…, 1992, p. 130, n. 123; Apolloni, 2000, pp. 246-247, n. 65). All’incisione si collega il dipinto, recentemente comparso sul mercato antiquariale inglese, pubblicato da Habert (1998, pp. 41, 84, ill. 33: Leandro Bassano).

Le vaste campiture di colore, l’intensità della materia pittorica, l’andamento analitico del pennello e la ricerca di evidenziare gli effetti di luce sulle creste dei panneggi individuano il linguaggio di Leandro all’inizio del nono decennio, all’altezza della Circoncisione per la parrocchiale di Rosà, la prima opera che egli firma da solo ed esegue entro il 1582 (nel 1580 circa per Ballarin Al., 1988, p. 7; ed. 1995², II, p. 263); e bene si adattano alla ricchezza d’impaginazione, alla spazialità dilatata dell’impianto, al gusto per la descrizione analitica dei dettagli del racconto evangelico, in una parola a quello stile narrativo che rimarrà un carattere distintivo del pittore. Egli leviga e tornisce le forme, che tendono ad emergere, quasi a venire a galla così come si esaltano i colori brillanti. Anche l’illuminazione forte che colpisce la scena da destra accentua la nitidezza della percezione visiva e, soprattutto, annulla la poesia luministica di Jacopo, il valore unificante della luce nel suo scorrere sulle figure gli oggetti le architetture il paesaggio, accendendole di vibrazioni.

La ricerca di un impianto monumentale che dilata gli spazi della composizione richiama il Cristo in casa di Simone della Galleria Colonna a Roma (cat. 14), di solito attribuito a Francesco (Safarik, 1981, pp. 29-30, n. 14, ill. 14), dove ricorre quell’esaltazione dei giochi di luce condotti alla ricerca della lucentezza dei tessuti della pala citata con la Circoncisione. Il desiderio di organizzare lo spazio, di ordinare gli elementi del racconto, di rendere più leggibili e definite le forme, il ricorso a intonazioni più luminose individuano la personalità di Leandro che viene assumendo una fisionomia ben distinta da quella del fratello maggiore all’interno della bottega di Jacopo, anche dopo la partenza di Francesco per Venezia nel 1578, quando diventa il maggiore collaboratore del padre.

La presenza di qualche pentimento nell’esemplare di Parigi, rivelata dall’esame radiografico eseguito in occasione della mostra recente sulle opere dei Bassano nei Musei francesi (Bassano et…, 1998), in particolare nelle architetture dello sfondo dove la colonna intera nasconde l’alto zoccolo e il basamento modanato previsto a imitazione del quadro inciso dal Monaco, di quello già a Londra, e presente anche nel dipinto di Vicenza, potrebbe far pensare a una variante successiva, e di intonazione generale più schiarita, rispetto a quest’ultimo. Per l’invenzione del tema evangelico, di cui si conosce un’altra versione autografa a Madrid (Museo del Prado, inv. 6985) senza la fascia in alto con il tendaggio, Leandro ha ripreso diversi motivi, tipologie, dettagli dal repertorio formale di dipinti di qualche anno prima, firmati da Jacopo e Francesco nel 1576-77 circa, il Cristo in casa di Maria, Marta e Lazzaro - così, non come Nozze di Cana, era stato interpretato il dipinto in esame nei primi inventari - di Houston (Sarah Campbell Blaffer Foundation, inv. 79.13), la Cena in Emmaus (già a Crom Castle, collezione Earl of Erne), il Ritorno del figliol prodigo (Roma, Galleria Doria Pamphilj), che in modo analogo avevano trasformato i soggetti del Vecchio e Nuovo Testamento in scene di genere.

Due tele di grandi dimensioni, “Le Nozze di Cana Galilea riformate, d’altezza quarti nove, larghezza braccia tre”, “Un quadro delle Nozze di Cana Galilea, lungo braccia tre, e alto braccia due in circa” sono menzionate nell’inventario dei beni di Jacopo del 1592 (Verci, 1775, p. 94, n. 55 e p. 95, n. 92).

Bibliografia

Magrini, 1855, p. 54, n. 77 (Francesco Bassano); Arslan, 1931, pp. 250, 286; Fasolo, 1940, p. 78; Arslan, 1949, p. 72 (con l’aiuto della bottega); Arslan, 1960, I, pp. 235, 273 (1579-1582 circa); Ballarin An., 1982, p. 133; Habert, in Bassano et…, 1998, p. 85; Falomir, 2001, pp. 152- 153.

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