Paesaggio con architetture e figure

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AutoreAttribuito a Clemente Spera
Periodo(Novara 1661 - Milano 1742)
SupportoTela, 94,5x131,5
InventarioA 282
Autore della schedaElisabetta Antoniazzi Rossi

Descrizione figurativa

Dopo un dibattito durato secoli, l'attribuzione di questo dipinto, passato dalla scuola romana alla mano di Marco Ricci, sembra essersi attestata sulla persona di Clemente Spera. Novarese, formatosi alla scuola lombarda e attivo collaboratore di Alessandro Magnasco, fin dall'inizio degli anni novanta del seicento. Spera e Magnasco erano soliti dividersi i compiti in alcuni dipinti: il primo dipingeva l'impianto prospettico-rovinistico mentre il secondo si occupava delle figure.
Le rovine si impongono in quest'opera in quanto, cupe e gigantesche, incombono sulle figure che animano lo spazio ai loro piedi, sorvegliate da una colossale copia dell'Ercole Farnese. Solo oltre l'arco che chiude sulla destra l'insieme delle rovine è possibile ritrovare la luce di un cielo che si va rasserenando.

Descrizione audio

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Cartellini

s.d. 280/ Marco Ricci - Paesaggio; s.d.1 280 - 282 - 245 - 243; 1949-1950 N.280/ Vicentino Riccesco/ Paesaggio d’architetture e figuri/ ne (alla carpionesca); su carta bianca, a stampa con inchiostro blu AKRIBEIA/ S.A.S. - RESTAURO DI DIPINTI/ Dr. MB. Girotto, Via Croce Rossa, 62- 35129 PADOVA tel. 049-807.44.40/ DIPINTO/ PAESAGGIO CON ROVINE/ C. SPERA/ PUL., REST., PITT., VERN./ MUSEO CIVICO VICENZA N. 280/ APRILE 2002

Provenienza

legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1825-1831

Restauri

2002, Maria Beatrice Girotto

Inventari

1826: 27. Camera a mattina sopra la corte. Architetture antiche rovinate. Marco Rizzi. Lire 100; 1831: 72. Stanza detta delle Commissarie. Rizzi Marco. Architetture antiche in rovina. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 82; [post 1834]: 369. Rizzi. Architettura, 477; 1854: 477. Rizzi. Architettura; [1873]: Stanza a mattina di prospettive, paese ed animali, parete III, 34. Marco Ricci nato 1676, morto 1729. Architettura monumentale; 1873b: c. 2, 34. Ignoto [corretto su Marco Ricci]. Paese con antichi monumenti architettonici; 1902: c. 90, 408 (435). 4. Architettura con macchiette. Tela ad olio. Alto 0.95, largo 1.30. Marco Ricci [depennato attribuito]. Guasto con buco nel mezzo. Deperita; 1907: c. 44, (435). Marco Ricci. Architettura con macchiette. Tela, 0.95x1.30; 1908: 435 (282). Marco Ricci. Architettura con macchiette (tela, 0.95x1.30). Nel 1908 si trovava nella prima stanza a destra. Nel 1873 si trovava nella stanza dei paesaggi al n. 34. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 porta il n. 24 della prima stanza a mattina. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 477 e le indicazioni: Rizzi, Architettura. Pervenne alla Pinacoteca per legato Paolina Porto Godi del 1826 col n. 27 e le indicazioni: Marco Rizzi, Architetture antiche rovinate; 1910-1912: 282 (288). Numerazione vecchia: 435 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 408 catalogo 1902; 34 catalogo 1873; 24 Magrini catalogo 1855; 477 inventario 1854; 27 n. del legato; 282 catalogo 1912; 282 catalogo 1940; 282 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala dei paesaggi. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: 0.95x1.30; inventario 1950 0.95x1.32. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Paesaggio con architetture. Autore: Marco Ricci; catalogo 1912 Marco Ricci; catalogo 1940 Marco Ricci; inventario 1950 vicentino riccesco (per W. Arslan Marco Ricci).

Descrizione tecnica

Identificabili con i due dipinti elencati ai numeri 27 e 28 dell’inventario del 1826 della famiglia Porto Godi Pigafetta, attribuiti a “scuola romana” (Trissino, secolo XIX, 3158, c. 1r), i due paesaggi erano stati assegnati alla mano di Marco Ricci a partire dall’inventario del 1902. Successivamente tale attribuzione al grande pittore bellunese era stata messa in discussione da Andreina Ballarin (1982, p. 164) ma solo recentemente i due pregevoli dipinti sono stati assegnati da Mari Pietrogiovanna al pittore lombardo Clemente Spera (in Carlo Cordellina…, 1997, pp. 267-268, cat. 22, 25). Motivando l’attribuzione, la studiosa notava che i due dipinti, pur avendo un’impostazione spaziale solida, mancavano sia dell’eroica solennità sia della “straordinaria sequenza dei suoi piani esaltati dalla luce calibratissima” (p. 267) caratteristiche dei dipinti di Marco Ricci. L’attribuzione a scuola romana con cui essi comparivano nell’inventario Porto Godi denota la matrice del gusto che informa i due paesaggi, costruiti con un suggestivo e fantasioso assemblaggio di rovine classiche - si noti l’Ercole Farnese a sinistra nel Paesaggio con architetture (cat. 338 A 282) - sull’esempio di quanto avevano fatto nel corso del secolo XVII Salvator Rosa e i pittori nordici attivi a Roma e nell’Italia del nord Giovanni Ghisolfi, presente a Vicenza nel 1664 (Barbieri, 1963, passim).

La riscoperta di Clemente Spera è opera recente di Bona Castellotti (1986, cat. 190-191) e Franchini Guelfi (in Alessandro Magnasco…, 1996, pp. 142-143, 198-199, 206-211). Novarese, formatosi forse nella bottega milanese di Ghisolfi (Casale, in La pittura in Italia…, II, 1990, p. 871), Spera avrebbe iniziato negli anni novanta del seicento a collaborare con Alessandro Magnasco realizzando la parte prospettico-rovinistica dei dipinti in cui Magnasco eseguiva le figure.

Purtroppo lo stato di conservazione delle tele private delle velature non consente di riconoscere con sicurezza quelle cifre tipiche dello Spera, come “le pianticelle sui muri in rovina, l’amore per i particolari, la cura dei piani spaziali” (Franchini Guelfi, in Alessandro Magnasco…, 1996, p. 312) tuttavia l’orientamento verso Clemente Spera e la pittura di rovine di ambito lombardo è accettabile per questi due dipinti se si ipotizza una datazione anteriore alle tele oggi a Crema (Alpini, in Officina…, 2002, pp. 170-171, cat. 8-9) e a San Pietroburgo (Franchini Guelfi, in Alessandro Magnasco…, 1996, pp. 208-211, cat. 54-55), databili al quarto decennio del settecento e complessivamente caratterizzate da una grandiosità estranea alle opere in esame. Il confronto più probante potrebbe essere con le due opere eseguite da Clemente Spera in collaborazione con Tommaso Formenti e identificate con la Primavera e l’Autunno inviate al collezionista lucchese Stefano Conti entro il 1707 (S. A. C., in Alessandro Magnasco…, 1996, p. 312, cat. 105-106).

Più complesso riconoscere l’autore delle figure, non identificabile con Magnasco, né con Formenti. Sembrerebbe un pittore di ambito veneto, forse da ricercare nella cerchia riccesca.

Sul difficile problema della datazione, il carattere piuttosto semplificato delle architetture indurrebbe a collocare i dipinti in prossimità di quelli dell’Arcivescovado di Milano, quindi entro il primo decennio, tuttavia il collegamento con le opere di Marco del terzo decennio indurrebbe a spostare in avanti la datazione. Infatti l’impostazione compositiva del cat. 337 A 280 corrisponde, anche se estremamente semplificata, a quella di alcuni capricci della tarda attività di Marco, come il dipinto Rovine classiche con figure della collezione Barilla (Pilo, in Marco Ricci, 1963, p. 44, cat. 63), pendant del Capriccio di Marco e Sebastiano cat. 339 A 269 di questo Museo: un rudere con colonnato chiude la scena a sinistra e al centro un alto obelisco si innalza da una tomba decorata con sculture. Si può ipotizzare o che entrambi abbiano fatto ricorso agli stessi moduli compositivi derivati dalla scenografia teatrale o che effettivamente Marco abbia tratto degli spunti dall’esempio di Spera per ampliare il suo repertorio rovinistico.

Bibliografia

Magrini, p. 58, nn. 24, 28 (Rizzi); Ongaro, 1912, p. 98 (Marco Ricci); Arslan, 1934, p. 25 (Marco Ricci); Fasolo, 1940, pp. 161-162 (Marco Ricci); Museo Civico…, 1949, p. 7 (maniera di Marco Ricci); Barbieri1, 1962, pp. 215, 217-218 (Ricci Marco?); Ballarin An., 1982, p. 164 (anonimo del secolo XVIII); Pietrogiovanna, in Carlo Cordellina…, 1997, pp. 267-268, cat. 22, 25.

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