Madonna con il Bambino, una santa martire e Pietro

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AutorePaolo Caliari, detto Veronese
Periodo(Verona 1528 - Venezia 1588)
SupportoTela, 119,4x97,4
InventarioA 77
Autore della schedaGiovanna Baldissin Molli

La tela, probabilmente destinata in origine alla devozione privata, è uno dei capolavori della prima maturità di Paolo Veronese. L’artista la dipinse infatti negli anni che vanno dal 1555 al 1560.

La composizione è dominata dalla figura possente della Vergine che, con un abbraccio tenero e avvolgente, stringe a sé il vivace Bambino. Al suo fianco compaiono due santi, che osservano con sguardo attento e premuroso Madre e Figlio. San Pietro, sulla destra, è facilmente identificabile grazie all’attributo delle chiavi, mentre sulla sinistra è raffigurata una giovane martire, che porta in capo una preziosa corona e tiene tra le mani, oltre alla palma del martirio, una colomba. La donna è stata variamente riconosciuta come santa Colomba, o sant’Agnese, oppure, più probabilmente, come santa Caterina.

Il ritmo compositivo lento, dolce, pacato del dipinto si associa ad una cromia chiara e solare, stesa con una pennellata fluida. “La chiarità rosata delle carni risplende sulla tenda verde scura del fondo: continue lumeggiature danno vibrazioni luminose ai rosa lilla, ai verdi spenti e ai violacei, mentre colpi di lacche brune rialzano le ombre rendendole trasparenti” (Pallucchini).

Gli studiati effetti di luce definiscono i volumi delle figure e i loro raffinati panneggi e rischiarano la tavolozza del pittore, mostrando come Veronese sia, insieme a Tintoretto, uno dei più grandi interpreti di quella “rivoluzione della luce”, che caratterizza la pittura veneta a partire dalla metà del Cinquecento.

Cartellini

1946 N. 24872; 1954 N. 8072; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero SOPRINTENDENZA ALLE GALLERIE/ VENEZIA/ P. Veronese, La Madonna col Bambino e/ Santi (con cornice)/ Vicenza Museo Civico/ (detto dipinto va nella cassa V.E.N. n° 5); su carta bianca, a stampa con inchiostro nero “LES TRÉSORS DE L’ART VENITIEN”/ Mostra organizzata dal Comune di Venezia/ a Losanna - 1947/ N. di catalogo 54/ N. della Cassa 5; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero JAPAN/ YAMATO TRASPORT CO., LTD./ FINE ARTS DIVISION/ EXHIBIT/ CASE NO. SATTIS3/ CATAL./ NO. D-13; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero PROF. GIUS. GIOVANNI PEDROCCO/ RESTAURATORE DI DIPINTI ANTICHI E MODERNI/ VENEZIA MESTRE/ Rest.to 1974-1975

Provenienza

legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1826

Inventari

1826: 10. Camera a mattina sopra il Corso. Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Colomba. Paolo Caliari detto il Veronese. Lire 420; 1831: 11. Residenza attuale del podestà. Paolo Veronese. Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Colomba. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 10; [post1834]: 89. Paolo Veronese. La beata Vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Catterina con Colomba, 118; 1854: 118. 1.65. 1.40. Paolo Veronese. Madonna col Bambino e santi; [1873]: Seconda stanza a tramontana, parete opposta allo ingresso, 11 (13). Paolo Veronese nato 1530, morto 1588. Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Colomba; 1873a: c. 5, 11. Paolo Caliari nato 1530, morto 1588. Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Catterina; 1902: c. 46, 216 (206). 208. Sacra famiglia. Tela ad olio. Alto 1.15, largo 1.00. Scuola di Paolo Caliari. Guasto. Deperita. Legato contessa Carolina Porto; 1907: 208 (206). Scuola di Paolo Caliari. Sacra famiglia. Tela, 1.15x1.00. Legato contessa Carolina Porto; 1908: 206 (77). Scuola di Paolo Caliari. Sacra famiglia (tela, 1.15x1.00). Nel 1908 si trova nella seconda stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava nella stanza del Cima al n. 11 coll’attribuzione: Paolo Caliari, Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Colomba. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 porta il n. 32 della seconda stanza a tramontana e le indicazioni: Paolo Caliari, Madonna col Bambino e santi. Nell’inventario della Pinacoteca quando nel 1854 fu consegnata al Museo si trova al n. 118, Paolo Veronese, Madonna col Bambino e santi (1.60x1.40). Pervenne alla Pinacoteca nel 1826 col legato Paolina Porto Godi, n. 10, Paolo Caliari, Maria vergine col Bambino, san Giuseppe e santa Colomba; 1910-1912: 77 (83). Numerazione vecchia: 206 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 216 catalogo 1902; 11 catalogo 1873; 32 Magrini catalogo a stampa 1855; 118 inventario di consegna 1854; 10 n. del legato; 77 catalogo 1912; 77 catalogo 1940; 77 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala dei veneti dei secoli XVI e XVII. Forma e incorniciatura: rettangolare in cornice dorata. Dimensioni: 1.15x1.00; inventario 1950 1.19x0.95. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Maria vergine col Bambino, san Pietro [corretto su san Giuseppe] e santa Colomba? una santa martire. Data: 1555 circa catalogo 1940. Autore: scuola di Paolo Caliari detto il Veronese; pervenne con l’attribuzione a Paolo Caliari; catalogo 1912 Paolo Caliari; catalogo 1940 Paolo Caliari; inventario 1950 Paolo Caliari.

Descrizione tecnica

La tela, nata probabilmente come opera di devozione privata, non è menzionata, come sostiene parte della letteratura, ma non l’accurata scheda di Barbieri (1962) e quella di Marinelli (1988), nelle Maraviglie dell’arte di Carlo Ridolfi (1648) e nelle Vite del veronese Bartolomeo Dal Pozzo (1718), che citano sì una copia di Paolo dalla Madonna della perla, già in casa Canossa a Verona e oggi al Prado (ritenuta allora di Raffaello e oggi spostata nel catalogo di Giulio Romano), ma senza alcuno spunto per un’eventuale identificazione con questa tela. Pertanto la storia antica del dipinto resta sconosciuta, non essendo stato possibile risalire oltre alla data del testamento di Giovanni Paolo Vajenti Marzari (1754). Questi lasciò il dipinto, che si trovava a San Maurizio a Venezia, in una casa affittata, a Camillo Vincenzo Scroffa e quindi, per passaggi testamentari, esso passò alla cognata Elisabetta Arnaldi Scroffa, al nipote Girolamo Porto e alla sorella di questi, Paolina Porto Godi, che lo lasciò al Museo. La donatrice non discende dal vicentino Giuseppe Porto, committente di Veronese ed è pure dubbia l’originaria provenienza dalla città della tela (su tali problemi: Marinelli, 1988); la prima voce bibliografica che la ricorda, ormai nel Museo (dopo il Catalogo dei doni, 1866) dovrebbe essere quella di Paolo Caliari (1888), se a essa si riferisce la menzione della Vergine con il Bambino e san Giuseppe.

Ben documentata è invece la presenza della tela negli inventari del Museo, a partire da quello relativo al legato Porto Godi, dove al n. 10 è registrato il dipinto, stimato lire austriache 420, raffigurante, oltre alla Vergine con il Bambino, i santi Giuseppe e Colomba. Di seguito esso compare con regolarità negli inventari. Non vi è invece uniformità nella identificazione dei santi: se facilmente tuttavia si riconosce Pietro a sinistra, la giovane martire di sinistra, dal capo cinto di una preziosa coroncina, recante in mano una colomba, è stata riconosciuta in Colomba, Caterina, Agnese, senza che sia possibile addivienire a un riconoscimento certo, ma con maggiori probabilità per Caterina: la stessa santa dovrebbe potersi identificare nella Madonna con il Bambino, santa Caterina e frate Michele Spaventi della chiesa di San Sebastiano a Venezia.

Praticamente uniforme è invece la valutazione della autografia e della cronologia della tela (la sola Ingersoll Smouse la ritiene opera di bottega), riconosciuta quale capolavoro della prima maturità da Berenson in avanti, databile al quinquennio 1555-60, dunque immediatamente prima degli affreschi di villa Barbaro a Maser. Il solo Marinelli (1988) tende ad anticipare l’esecuzione del dipinto tra la fine degli degli quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, per confronto con opere certe di quel momento, come la pala Bevilacqua di Castelvecchio e la pala Giustiniani di San Francesco della Vigna a Venezia.

Tipologicamente l’impianto del dipinto ha alle spalle un dipinto perduto di Parmigianino, conservato nella collezione di Agostino Giusti, e noto solo attraverso un’incisione di Jan Sadeler; tale opera fu molto apprezzata in ambito veronese: incisa da Battista del Moro, più avanti venne tradotta in pittura anche da Felice Brusasorci (Dillon, 1991, p. 53; Marinelli, 1988). Tuttavia se ciò riconduce all’attività giovanile veronese dell’artista, non sembra di poter situare l’esecuzione del dipinto anteriormente alle prime commissioni veneziane. In tal senso la tela, crepitante di vibrazioni luminose che ne animano la superficie, si situa coerentemente nella produzione paolesca del sesto decennio, nel corso del quale l’artista sulla base della prima formazione veronese, da intendersi orientata in chiave centroitaliana, maturò una sua Maniera personalissima, fondata nella salda struttura grafica sottesa alla chiarità solare del colore. Se la figura cubica e possente della Vergine che domina la composizione si apparenta alle sperimentazioni giovanili, la scioltezza della pennellata e la grazia risolta nelle strisciate luminose dei panneggi la rendono prossima già alle prime prove veneziane per San Sebastiano con la Storia di Ester, alle Allegorie per la Biblioteca Marciana, ai filosofi di Los Angeles, con una datazione agli anni centrali del sesto decennio.

Bibliografia

Magrini, 1855, p. 57, n. 32; Catalogo dei doni…, 1866, p. 3; Caliari, 1888, p. 367; Berenson², 1894, pp. 128-129; Berenson, 1911, p. 148; Vignola, 1912, p. 43; Onagro, 1912, p. 43; Frizzoni, 1913, p. 189; Ingersoll Smouse, 1927, p. 222; Osmond, 1927, pp. 32, 118; Fiocco, 1928, pp. 65, 191; Venturi, 1928, pp. 64-65; Venturi², 1929, pp. 804-805; Corna, 1930; Berenson, 1932, p. 427; Peronato¹, 1933, p. 69; Arslan, 1934, pp. 9, 17; Fiocco², 1934, pp. 33, 111; Berenson, 1936, p. 367; Brizio, 1939, p. 127; Pallucchini, in Mostra di Paolo…, 1939, pp. 76-77; Fasolo, 1940, p. 104, n.77; Pallucchini, 1940, p. 12; Coletti, 1941, p. 122; Pallucchini, 1943, pp. 17-18; Pallucchini, 1944, II, p. XXV; Pallucchini A., 1945, p. 16; Pallucchini, in Cinque secoli…, 1945, p. 94, cat. 104; Pallucchini¹, in I capolavori…, 1946, p. 130, cat. 227; Pallucchini², in I capolavori…, 1946, pp. 138-139, cat. 227; Podestà, 1946, p. 164; Pallucchini, in Trésors de l’art…, 1947, pp. 38-39, cat. 53; Arslan, 1948, p. 241; Arslan 1949, p. 72; Magagnato¹, 1949, pp. 102-103; Pallucchini 1950, p. 56; Barbieri, 1952, p. 10; Coletti, 1952, p. 749; Magagnato, 1953, p. 176; Pallucchini, 1953, p. 199; Barbieri², 1954, p. 175; Florisoone, in Chefs d’oeuvre…, 1954, cat. 79; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 176; Berenson, 1957, I, p. 138; Berenson, 1958, p. 143; Barbieri, 1962, II, pp. 256-258; Pallucchini, 1963-1964, pp. 18, 26; Pallucchini, 1966, coll. 725; Marini-Piovene, 1968, cat. 37; Pignatti, 1976, p. 112, n. 55, ill. 111, IV; Ballarin An., 1982, p. 96; Cocke, in The Genius…, 1983, p. 238; Chiarini, in Space…, 1987, pp. 164-165, cat. 55; Marinelli, in Veronese a Verona…, 1988, pp. 198-200; Gisolfi Pechukas, 1990, p. 25; Puppi, 1990, p. 340; Thorton, 1990, p. 158; Dillon, 1991, p. 53; Barbieri, 1995, p. 78; Dossi, in Parmigianino…, 2003, pp. 376-377, cat. 3.2.9.

Esposizioni

Venezia, 1939, pp. 76-77, cat. 27; Venezia, 1945, p. 94, n.104; Venezia, 1946, p. 130, cat. 227; Losanna, 1947, n. 53; Parigi, 1954, n.79; Tokyo, 1987, pp. 164-165, cat. 55; Verona, 1988, pp. 198-200; Parma, 2003, pp. 376-377, cat. 3.2.9.

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