La Madonna con il Bambino sotto un pergolato tra i santi Giovanni Battista ed Onofrio

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AutoreBartolomeo Montagna
Periodo(Vicenza? 1449 circa - Vicenza 11 ottobre 1523)
SupportoTela (trasporto da tavola), 195,7x160.
InventarioA 2
Autore della schedaGiovanni C.F. Villa
Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista ed Onofrio Bartolomeo Montagna

L’opera, firmata su un piccolo cartiglio alla base del trono della Vergine, era originariamente collocata sul terzo altare, alla sinistra dell’ingresso, della chiesa di San Michele a Vicenza, demolita nel 1812. Si tratta di una delle opere più significative di Bartolomeo Montagna. Qui, infatti, il linguaggio dell’artista, che a Venezia era entrato in contatto con i Vivarini e i Bellini, con Antonello da Messina e con Carpaccio, mostra di aver raggiunto una maturità piena e una fisionomia originale dimostrando di possedere, insieme all’altra pala del Museo vicentino raffigurante la Madonna tra le sante Monica e Maria Maddalena (Inv. A 3), una carica poetica elevatissima.

La qualità estremamente alta del dipinto, caratterizzato dalla straordinaria semplicità dell’impianto compositivo, nasce dal perfetto accordo tra i corpi scarni dei santi e la severa cromia delle loro carni, giocata sui toni del bruno e del rosso.

Il trono roccioso su cui siede la Vergine è posto sotto un baldacchino sorretto da due alberi, ai suoi lati stanno sant’Onofrio, protettore della fraglia dei tintori, e san Giovanni Battista che, indicando con il dito il Bambino e volgendo lo sguardo verso lo spettatore, sembra quasi coinvolgerlo e renderlo partecipe della calma austera dell’evento sacro. La verdeggiante ambientazione paesistica, animata dalle rocce e illuminata da una luce chiara e trasparente, è espressione di un’assoluta sintonia tra uomo e ambiente: un accordo che nasce dall’approfondita conoscenza da parte di Montagna degli esiti della pittura di Giovanni Bellini.

Iscrizioni

in un cartiglio sul gradino di roccia ai piedi della Vergine: OPUS BARTHOLOMEI M.

Cartellini

1946 N. 24834; 1949-1950 N. 2/ Bartolomeo Montagna/ La Vergine in trono col Bambino/ tra i Santi Giovanni Batt. e Onofrio/ tela (dalla tavola); 1954 N. 8044; su carta rossa, a stampa con inchiostro nero Museo-Vicenza/ N. 84.

Provenienza

Vicenza, chiesa di San Michele (secolarizzata nel 1810, demolita nel 1812); legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1826

Restauri

?, tavola trasportata su tela e restaurata; 1992, Paolo Bacchin

Inventari

1826: 9. Camera a mattina sopra la corte. Maria vergine col Bambino seduta in trono con sant’Onofrio e san Giovanni Battista. Bartolomeo Montagna vicentino. Lire 25; 1831: 78. Sala detta del Consiglio. Montagna. La beata Vergine col Bambino, sant’Onofrio e san Giovanni Battista. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 64; [1873]: Antichi vicentini, quarta stanza a tramontana, parete I, 18. Bartolomeo Montagna. Madonna in trono col Bambino, san Giovanni Battista e sant’Onofrio; 1873a: c. 7, 18. Bartolomeo Montagna. Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista, sant’Onofrio; 1902: c. 62, 281 (273). 274. Maria vergine col Putto, san Giovanni Battista e sant’Onofrio. Tela, trasportato [corretto su tavola ad olio]. Alto 1.90, largo 1.60. Bartolomeo Montagna. Un po’ guasto. Deperita. Legato contessa Paolina Porto. Ha il cartellino con firma; 1907: c. 31, 275 (273). Bartolomeo Montagna. Maria vergine col Putto, san Giovanni Battista e sant’Onofrio. Fu trasportato su tela [corretto su tavola; depennato dal signor Stefanoni di Bergamo]. 1.90x1.60. Legato contessa Paolina Porto. Ha il cartellino con la firma; 1908: 273 (2). Bartolomeo Montagna (firmato). Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista e sant’Onofrio (tavola trasportata in tela, 1.90x1.60). Nel 1908 si trova nella stanza dei vicentini. Nel 1873 si trovava nella stanza degli antichi vicentini al n. 18. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova in sala al n. 14. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 60 e le indicazioni: Bartolomeo Montagna, Madonna col Bambino e tre santi, 2.75x2.30. Pervenne alla Pinacoteca nel 1826 per legato Paolina Porto Godi col n. 9 e le indicazioni: Bartolomeo Montagna, Maria in trono con Bambino e sant’Onofrio e san Giovanni Battista; 1910-1912: 2. Numerazione vecchia: 273 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 281 catalogo 1902; 18 catalogo 1873; 14 Magrini catalogo a stampa 1855; 60 inventario di consegna 1854; 9 n. del legato; 2 catalogo 1912; 2 catalogo 1940; 2 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala I dei vicentini detta del Montagna. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: 1.90x1.60. Materia e colore: tavola (trasportata su tela) a tempera. Conservazione e restauri: tavola trasportata su tela e ristaurata. Descrizione: Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista e sant’Onofrio. Autore: Bartolomeo Montagna; catalogo 1912 Bartolomeo Montagna; catalogo 1940 Bartolomeo Montagna; inventario 1950 Bartolomeo Montagna. Iconografia: foto Chiari 13515; foto Fiorentini (Venezia) CN 4541.

Descrizione tecnica

Trasportata da tavola su tela tra il 1902 e il 1908, come desumiamo da una correzione nell’inventario del 1902 ove l’indicazione del trasporto è sovrapposta alla depennata “tavola ad olio”, lavoro sancito dalla commissione d’inchiesta del 1908 che parla di dipinto su tela, l’opera era in origine sul terzo altare di sinistra entrando della demolita (1812) chiesa vicentina di San Michele ove si trovava anche, nel medesimo lato ma sul primo altare dall’ingresso, un’altra opera di Bartolomeo Montagna, la cosiddetta Pala Squarzi, oggi a Brera, datata 1499. Ed è a quest’ultimo dipinto che Borenius (1909, 1912) accosta la tela della Pinacoteca vicentina, considerandola “quasi studio preparatorio” per l’ancona milanese: opera certo diversa, nel diffuso insistere di minuziose cifre, dalla magistrale semplicità del testo vicentino. La pala è esito di un prodigioso accordo tra la plastica ossuta degli assorti attori esaltata dalla severa cromia nei rossi e bruni delle carni. Il trono sembra scavato nella materia fossile; il baldacchino retto da scarni alberelli induce nello spettatore la calma severa della sacralità. Onofrio, quasi un “homo selvaticus”, è il santo protettore della fraglia dei tintori con cui l’altare, patronato dei da Costozza, era forse in attinenza: e omaggio alla loro arte sembrano essere la purezza della luce e la trasparenza intensissima dei colori nelle vesti della Madonna.

Come notato da Lucco¹ (1987), la temperatura poetica del Montagna sale improvvisa in quest’opera e in quella che immediatamente la precede, la pala A 3 (cat. 33) del Museo vicentino, “universalmente riconosciute come le sue più alte”: un’impennata qualitativa probabilmente stimolata dalla presenza a Vicenza, fin dal 1480 nella cappella Fioccardo del Duomo, della Trasfigurazione di Bellini ora a Capodimonte, testo calibrato sull’accordo totale tra uomo e ambiente e l’umanizzazione del divino. Sentire ripreso nell’ambientazioni paesistica delle pale vicentine, nelle fossili concrezioni, reinterpretazione sul proscenio di quelle rocce friabili, insidiate da radici, che Bartolomeo aveva visto fare a Bellini nella Resurrezione di San Michele a Murano (oggi a Berlino), dipinta entro il 1479.

La maggior compiutezza dell’opera in questione la qualifica come una rimeditazione immediata dei temi espressi nella Madonna tra le sante Monica e Maria Maddalena, di poco seguente la pala per l’altar maggiore di San Bartolomeo (cat. 32 A 1) e collocabile tra la fine del 1485 e il principio del 1486, posticipando dunque per la nostra pala quel 1483-1484 proposto da Puppi¹ (1962) e il 1485 di Barbieri (1962) e Galassi² (1999), senza però arrivare agli estremi di un Berenson (1919) che pensava di collocare l'opera nel biennio 1488-1490, fase già diversa del linguaggio montagnesco che apre il decennio di grande sperimentalismo prospettico, inaugurato dalla pala per la Certosa di Pavia eseguita nel 1490 per l’altare di San Giovanni Battista.

Galassi² (1999) osservava come il disegno sottostante fosse prossimo alla grande pala per l’altar maggiore di San Bartolomeo, impostato secondo le medesime qualità funzionali in entrambe le opere. Ecco allora un sistema grafico che a partire da una meticolosa definizione delle ombreggiature, in accordo con la lezione belliniana, tende già ad evidenziare quelle costruzione struttive stereometriche che caratterizzeranno la piena maturità montagnesca proprio negli anni di tangenza con la pratica di Pietro Antonio degli Abati.

È certo comunque che l’altezza emotiva di quest’opera, nel muto dialogo del sacro sinedrio a suo agio nello scabro paesaggio di trachite stratiforme che tutto connota, facendo petrosi pure gli umani e le verzure, rivela immediata l’efficacia del linguaggio che il giovane Bartolomeo imposta, principiando un geniale affrancamento dalla lezione appresa a Venezia.

Bibliografia

Ridolfi, 1648, I, p. 92; Ridolfi, (ed. 1914), I, p. 110; Boschini, 1676, p. 45; Bertotti-Scamozzi, 1761, p. 24; Buffetti, 1779, I, p. 88; Bertotti-Scamozzi, 1780, p. 22; Bertotti-Scamozzi, 1804, p. 20; Magrini, 1855, p. 53, n. 14; Magrini, 1863, p. 23 e 36; Ciscato, 1870, p. 85; Elenco dei principali…, 1881, p. 6; Berenson, 1894, p. 108; Berenson, 1895, pp. 65-66; Venturi L., 1907, p. 256; Foratti¹, 1908, pp. 18-19; Borenius, 1909, p. 23 e n. 3; 40 e n. 1, 41-42, 69 e n. 1; Berenson, 1911, p. 118; Berenson, 1912, p. 173; Borenius, 1912, p. 24 n. 2, p. 40 n. 1, pp. 41-42, 69 n. 1; Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, p. 127; Ongaro, 1912, pp. 17-18; Phillips, 1912, p. 227; Venturi, 1915, pp. 463-465; Berenson, 1916, p. 121; Bortolan-Rumor, 1919, p. 150; De Suarez, 1927, pp. 5-6; Foratti¹, 1931, p. 75; Berenson¹, 1932, p. 369; Calì¹, 1932, p. 23; Arslan, 1934, p. 7, 14; Berenson, 1936, p. 317; Fasolo, 1940, p. 55; Jewett-Mather, 1946, p. 151; Pallucchini¹, in I capolavori…, 1946, p. 90, cat. 146; Pallucchini², in I capolavori…, 1946, pp. 82-83, cat. 146; Dalla Pozza, 1949, p. 4; Magagnato, 1953, p. 174; Barbieri¹, 1954, pp. 194-195; Barbieri², 1954, p. 174; Arslan, 1956, p. 182, cat. 1279; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 174; Berenson, 1957, I, p. 117; Berenson, 1958, I, p. 121; Barbieri, 1962, I, pp. 161-164; Puppi¹, 1962, pp. 41-42, 137; Barbieri, 1981, pp. 26-27; Ballarin An., 1982, p. 81; Lucco¹, 1987, pp. 154-155; Tanzi, 1990, II, p. 610; Barbieri, 1995, p. 55; Dal Pozzolo, 1998, p. 29; Galassi², 1999, p. 105-106.

Esposizioni

Venezia, 1946, p. 90, n. 146.

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