Ritratto della famiglia Valmarana

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AutoreAttribuito a Giovanni Antonio Fasolo
Periodo(Mandello del Lario, Como, 1530 - Vicenza 1572)
SupportoTela, 158,5x257,5
InventarioA 59
Autore della schedaFrancesca Lodi

Come in una moderna istantanea, Gianalvise Valmarana con la moglie Isabella Nogarola e otto dei loro dodici figli sono immortalati in spontanea varietà di pose e atteggiamenti. Il capofamiglia, in veste da casa, dà un tono più intimo e colloquiale a tutta la composizione, che documenta il ruolo morale e spirituale della famiglia e un’attenta sensibilità verso l’infanzia, mentre gli spartiti evidenziano l’importanza della musica nell’educazione del tempo.
Il quadro rivela influenze lombarde nel realismo dei tratti ed echi veronesiani nel gioco delle mani e nella disposizione delle figure: ciò rende plausibile l’attribuzione a Fasolo.

GIANALVISE VALMARANA (?-1558) - si distinse per l’impegno politico e culturale a favore della città. Provveditore alla fabbrica della Basilica fu sostenitore e amico di Palladio.

ISABELLA NOGAROLA (1516?-?) - dopo la morte prematura del marito, amministra il patrimonio di famiglia e inizia i lavori di ristrutturazione, secondo il progetto palladiano, del palazzo in Contra’ del Pozzo Rosso, odierno corso Fogazzaro.

LEONARDO (1550-1612) - gioca col suo cavalluccio. Sposerà Elisabetta Porto dal Giardino, da cui avrà, tra gli altri, Isabella, il cui ritratto è presente in questa sala. Divenuto Principe dell’Accademia Olimpica, portò a termine la realizzazione del Teatro, facendosi ritrarre al suo interno in una statua con gli attributi imperiali. Commissionò a Palladio la cappella Valmarana in Santa Corona.

Descrizione figurativa

In questa tela, attribuita ad Antonio Fasolo, viene rappresentata la famiglia di Gianalvise Valmarana, ritratto assieme alla moglie Isabella Nogarola ed a otto dei loro dodici figli. Da sinistra a destra: il capofamiglia, uomo politico e sostenitore del Palladio, poi la consorte che tiene in braccio Massimiliano e che proseguirà i lavori di costruzione del palazzo di famiglia dopo la morte del marito. Seguono Margherita, Penelope, Ascanio, valoroso uomo d'armi già in abiti di cavaliere, Isotta, Antonio, Deianira, ed infine Leonardo a cavalcioni del suo cavalluccio di legno. Il quadro si propone come documento interessante della nuova funzione morale e che la famiglia viene assumendo: ricrea con semplicità un interno domestico, signorile, ma non aulico e paludato. Il padre in abiti da casa, tre figli che reggono uno spartito musicale, a ricordare l'importanza della musica nell'educazione familiare, il piccolo Leonardo che gioca con il cavalluccio; tutto concorre a rappresentare una famiglia certo nobile, ma reale ed inserita nel proprio tempo.

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Cartellini

1949-1950 N. 59/ Attr. A Girolamo Forni/ Ritratto della Fam. Valmarana/ 156x256; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero Arts Council of Great Britain/ 105/ Piccadilly London W1V-OAU/01-629 9495/ 1975/ Exhibition Palladio/ Cat. No 6/ Artist: Girolamo Forni/ Title: The Valmarana family/ Owner: Museo Civico Vicenza; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero INV. A - 59/ Girolamo Forni/ (vicentino attivo dopo la metà del cinquecento)/ La famiglia Valmarana/ olio su tela cm. 156x256/ Legato Paolina Porto Godi/ 1826

Provenienza

legato Paolina Porto Godi, Vicenza 1826

Restauri

1973, Giuseppe Giovanni Pedrocco

Inventari

1826: 53. Camera a mattina sopra il Corso. Famiglia Valmarana in dieci figure. Girolamo Forni vicentino. Lire 40.00; 1831: 133. Nella camera della sezione II respiciente la piazza Grande. Forni Girolamo vicentino. Famiglia Valmarana in 10 figure. Galleria Porto, n. 4321 del 1826, 53; [post 1834]: 192. Forni Girolamo vicentino. Famiglia Valmarana, 12; 1854: 12. 1.62. 2.60. Forni. Famiglia Valmarana; [1873]: Stanza dei ritratti, parete III, 51. Girolamo Forni. Famiglia Valmarana; 1873a: c. 8, 51. Girolamo Forni fioriva 1590. Ritratto famiglia Valmarana; 1902: c. 76, 343 (324). 322. Ritratto della famiglia Valmarana. Tela ad olio. Alto 1.50, largo 2.60. Girolamo Forni. Guasto ed ossidato. Deperita. Per testamento contessa Carolina Porto; 1907: c. 37, 325 (324). Ritratto della famiglia Valmarana. Tela 1.50x2.60. Testamento contessa Carolina Porto; 1908: 324 (59). Girolamo Forni. Ritratto della famiglia Valmarana (tela, 1.50x2.60). Nel 1908 si trova nella stanza dei ritratti. Nel 1873 si trovava nella stanza dei ritratti al n. 51. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 porta il n. 15 della prima stanza a tramontana. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 12 e le indicazioni: Forni, famiglia Valmarana, 1.62x2.00. Pervenne alla Pinacoteca nel 1826 per testamento Paolina Porto Godi colle indicazioni: n. 53, Girolamo Forni vicentino, famiglia Valmarana, dieci figure; 1910-1912: 59 (65). Numerazione vecchia: 324 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 343 catalogo 1902; 51 catalogo 1873; 15 Magrini catalogo 1855; 12 inventario di consegna 1854; 53 n. del legato; 59 catalogo 1912; 59 catalogo 1940; 59 inventario 1950. Provenienza: legato Paolina Porto Godi 1826. Collocazione: sala V dei vicentini. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice di legno intagliato. Dimensioni: 1.62x2.60; catalogo 1912 1.62x2.00; catalogo 1940 1.62x2.00; inventario 1950 1.56x2.56. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Ritratto della famiglia Valmarana. Autore: Girolamo Forni; catalogo 1912 Girolamo Forni; catalogo 1940 Girolamo Forni; inventario 1950 Girolamo Forni. Iconografia: foto Fiorentini (Venezia) C.N. 1410.

Descrizione tecnica

Il dipinto sgrana attorno ad un tavolo i dieci componenti la famiglia Valmarana, che la tradizione, a partire almeno dal Rumor (1907), identifica con quella di Leonardo, del ramo del Giardino. Tale supposizione, però, sembrerebbe ricevere una smentita dai dati biografici e dalla notizie relative ai figli scrupolosamente registrate da Leonardo nella Cronaca familiare, che non paiono aderire alla sequenza delle figure rappresentate nel dipinto. Si riesce, invece, a riconoscere i personaggi, se si ammette che il quadro rappresenti non tanto la famiglia di Leonardo, bensì quella del padre di lui, Gianalvise (Burns, 1975). Sulla scorta delle informazioni reperite da Dal Cortivo (1988-1989, pp. 86-228), si può individuare incominciando da sinistra il pater familias, Gianalvise Valmarana, che contribuì a consolidare il prestigio della famiglia con l’impegno sia sul piano politico, che su quello culturale, coltivando l’amicizia di Palladio e rivestendo un ruolo determinante nella creazione dell’Accademia dei Costanti. Provveditore alla fabbrica della Basilica Palladiana, insieme con Girolamo Chiericati e Gabriele Capra, nel dibattito conclusivo dell’11 aprile 1549, perorò la causa del progetto palladiano, favorendone l’approvazione. Vicino a lui si dispone la moglie, Isabella Nogarola con l’ultimo nato, Massimiliano (n. 1552): dopo la morte prematura del marito nel 1558, essa saprà reggere la famiglia e amministrare con oculatezza il patrimonio familiare; in particolare, assumerà l’iniziativa della ristrutturazione del palazzo in contrà del Pozzo Rosso secondo il progetto del Palladio. Sotto il plinto di una delle colonne dell’atrio del palazzo Valmarana, nel XIX secolo, è stata rintracciata una medaglia che ne riproduce il profilo: tenuto conto della distanza degli anni, non si ravvisa incompatibilità tra l’immagine del dipinto e quella rilevata nella medaglia. Alla sinistra della madre seguono Margherita (n. 1540), che di lì a poco sarebbe entrata nel monastero di San Pietro, e Penelope (n. 1542), destinata a rimanere nubile, che si sarebbe dedicata alla cura degli infermi. All’estremità del tavolo, in posizione significativa rispetto al padre, si presenta già con gli emblemi del cavaliere Ascanio (n. 1543), che sarebbe divenuto paggio e poi cameriere e pensionario di Filippo II di Spagna - sono noti i legami della famiglia con gli Asburgo - e avrebbe intrapreso la carriera delle armi, facendosi onore. Isotta (n. 1546), futura moglie di Giovanni Valmarana, con la mano sul cuore, sembra accogliere l’incitamento alla virtù anche a nome dei fratelli. Di seguito Antonio (n. 1547) appoggia la destra sul tavolo, quasi ad incontrare le mani della madre e del padre (forse non a caso, posto che nella strategia familiare sarebbe toccato a lui tutelare gli interessi familiari e garantire la continuità e il prestigio del casato, se la morte non lo avesse rapito in ancor giovane età), mentre Deianira (n. 1549) con gesto affettuoso affonda la sua piccola mano in quella del padre; la bambina sarebbe divenuta una donna di elevata spiritualità: rimasta vedova ancor giovane, avrebbe collaborato con il venerabile Antonio Pagani alla fondazione della Compagnia delle Dimesse. Leonardo (n. 1550) infine chiude idealmente il cerchio familiare cavalcando il suo cavalluccio di legno: ben diversa l’immagine di sè che egli, divenuto cittadino di spicco, in particolare principe dell’Accademia Olimpica, farà collocare al centro dell’emiciclo dell’esedra del Teatro con gli attributi imperiali, “sovrano anch’egli del ristretto e scelto microcosmo degli Olimpici”! (Avagnina, 1992, p. 119).

Non compaiono nel dipinto il primogenito Massimiliano (n. 1537), che probabilmente, quando fu eseguito il ritratto familiare, era già morto, considerato che il suo nome era stato dato al fratello nato nel 1552; Valeria (n. 1539), accolta nel 1551 nella corte di Vienna; Lavinia (n. 1545), verosimilmente morta in fasce: non è menzionata nel testamento del padre redatto nel 1558, e Lucrezia (n. 1554), che all’epoca non doveva essere ancora nata.

Il quadro, che si presume realizzato tra 1553 e 1554, si propone innanzi tutto come documento interessante della nuova funzione morale e spirituale che la famiglia viene assumendo nell’età moderna e, in questo contesto, della particolare attenzione che ora viene accordata all’infanzia. Ricrea con semplicità un interno domestico, certo signorile, ma non aulico e paludato. L’impronta è data dal padre, che siede al tavolo indossando la veste da casa e volge allo spettatore il volto sereno, da cui spira un senso di saggia bonomia. Margherita, Ascanio e Isotta reggono spartiti musicali, ricordando l’importanza che la musica aveva nell’educazione del tempo, mentre Leonardo gioca con il cavallo di legno; un cagnolino dimostra chiaramente la sua predilezione per Deianira.

Il ritratto evidenzia alcuni tipici caratteri lombardi, innanzi tutto nel realismo con cui sono resi i personaggi, che si campiscono in piena luce su di uno sfondo neutro: particolarmente interessante il volto sanguigno di Gianalvise, illuminato dagli occhi intelligenti e arguti. I fanciulli poi sono veramente tali, e non bambini-adulti, qualcuno con il broncio per la comprensibile noia dello stare in posa. Restano nella memoria il profilo trepido, un po’ ansioso di Penelope, il visetto pensoso di Deianira, che ricorda il Ritratto di bambina del Moroni, dell’Accademia Carrara di Bergamo. Non mancano del resto spunti veronesiani, ad esempio nella disposizione dei personaggi secondo l’asse longitudinale, richiamo della paolesca Famiglia Cuccina, e anche nel dialogo affettuoso delle mani. In contrasto con l’attribuzione al Forni indicata dagli inventari museali, gli elementi rilevati orienterebbero verso il Fasolo, artista, come è noto, di origine lombarda, formatosi nell’ambito del Veronese, la cui presenza in Vicenza è accertata fin dagli inizi del sesto decennio del cinquecento. E d’altra parte, “opera insigne del celebre Fasolo” è considerato dal Buffetti il dipinto, un “quadrone esprimente Padre e Madre della famiglia Valmarana”, visto nel palazzo di Antonio e Ippolito da Porto (1779). Attribuzione confermata nella monografia dedicata all’artista dal Magrini (1851), che, però, nell’Inventario a stampa (1855) restituisce l’opera al Forni sulla base del legato. L’assegnazione al Fasolo è ripresa ai giorni nostri da Sgarbi (1980). La Famiglia Valmarana potrebbe effettivamente configurarsi come opera giovanile del pittore lombardo, che annuncia le sue doti di ritrattista, pur nello stesso tempo lasciando trapelare delle ingenuità e delle incongruenze. Sono rilevabili infatti convincenti affinità del dipinto in esame con i Ritratti dei Gualdo (cat. 240a A 867 e cat. 240b A 868), che sicuramente gli appartengono e che, eseguiti rispetto al primo all’incirca tredici anni più tardi, mostrano un artista ormai padrone dei suoi mezzi, incline ad accogliere nella matrice veneto-lombarda “certe cantanti modulazioni del Parmigianino” (Barbieri, 1958, pp. 204-205). Analoga nei ritratti Valmarana e Gualdo è l’ispirazione della scena, la nitidezza della linea, l’orchestrazione smorzata del colore, un colore “denso e oleoso”, così come sono riconoscibili rispondenze nella tipologia dei volti (teste tondeggianti, occhi lievemente sporgenti) e delle mani sottili.

Bibliografia

Buffetti, 1779, II, p. 77; Magrini, 1851, p. 50; Magrini, 1855, p. 55, n. 19 (Girolamo Forni); Formenton, 1867, p. 479 (Girolamo Forni); Marasca, 1876 (Girolamo Forni); Rumor, 1907, p. 45; Ongaro, 1912, p. 38 (Girolamo Forni); Forni, Girolamo, 1916, p. 217 (Girolamo Forni); Venturi A., 1934, pp. 144-145 (Girolamo Forni); Arslan, 1934, p. 16 (Girolamo Forni); Fasolo, 1940, p. 167 (Girolamo Forni); Zorzi, 1966, p. 167 (Girolamo Forni); Burns, 1975, pp. 14-15 (The attribution to Forni lacks a secure basis [...] The attractive informality of the rendering owes much to group portraits by Licinio); Sgarbi, in Palladio…, 1980, pp. 20, 76; Ballarin An., 1982, p. 188 (Girolamo Forni); Barbieri, 1995, p. 21 (Girolamo Forni); Villa, 2002, pp. 78- 79.

Esposizioni

Londra, 1975, pp. 14-15, cat. 6.

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